La Fortezza della Zanna
Una notte al cimitero
L'avventura era iniziata in modo del tutto casuale verso la fine del mese di Newmont.
Due gruppi di avventurieri si erano riuniti nottetempo nel cimitero abbandonato sulla sponda opposta del fiume di
fronte a LaSoglia. Il periodo non era uno qualsiasi: si trattava della Notte degli Spiriti, quando gli spettri inquieti
s'aggirano sulla terra in cerca di vendetta o conforto.
Il primo gruppo aveva il compito di cercare la rara e preziosa radice di Mandragola Nera, pianta dalle virtu' arcane capace
di crescere solo nei cimiteri e in notti speciali come quella.
Il secondo, guidato dal bardo Arawan, quello di seppellire un cadavere, ultimo desiderio del morto.
Lungo la strada, pero', era stato assalito e sopraffatto da un gruppo di cultisti di Hel, la Signora della Tenebre: il
cadavere, infatti, altri non era che il loro Maestro ed il loro scopo era quello di donargli nuova vita, sacrificando quelle
degli sventurati avventurieri che lo trasportavano. La guerriera Reena sfido' la strega a capo del gruppo che, ridendo,
decise di sacrificarla per prima, inviandola a raccogliere il componente finale per l'incantesimo di resurrezione: la radice
di Mandragola Nera, spuntata da poco in un basso pozzo al centro del cimitero. Ad attenderla, l'oscuro, terribile Guardiano
della pianta: un mastino infernale dagli occhi di fuoco. Tutto sembrava ormai perduto...ma non fu cosi'!
Proprio mentre Reena stava scendendo, il secondo gruppo di avventurieri, capito cosa stava succedendo, accorse in loro aiuto.
La guerriera, approfittando della confusione, afferro' la strega, lanciandola urlante nelle fauci spalancate della belva
sottostante. I personaggi riuniti riuscirono a sconfiggere i cultisti, uccidendoli tutti. Il cadavere stesso del Maestro
venne fatto a pezzi e spogliato dei suoi averi: la cosa piu' interessante trovata, comunque, fu una gemma, un grosso rubino
cesellato a forma di teschio, che la strega stringeva nel pugno come il piu' prezioso dei tesori.
Stele di Pietra, Teschio di Rubino
Il pozzo ora era deserto e, ispezionandolo, gli avventurieri trovarono una porta segreta di cui il Teschio di Rubino era la
chiave. Dietro, si trovarono in un'antichissima cripta e tutti avevano presto capito di esser finiti all'interno di un
sacrario di Hel, chiamato Deevridis, vecchio di almeno 500 anni. Dentro, difesa dal cavaliere non-morto Vilmoris, avevano
trovato una stele, su cui era tracciata una mappa in caratteri arcaici. Abbattuto per l'ultima volta Vilmoris, il barbaro
Attila ne mozzo' la testa, portandola con se' come trofeo. Tutto sembrava filato liscio, tranne per un paio di piccolissimi
dettagli: il mago Gandalf, toccando uno dei bracieri accesi davanti all'altare di Hel era stato posseduto dal Male e,
secondariamente, uscendo dal sotterraneo, il gruppo aveva "lasciato" la chiave-teschio nella serratura, pensando che il suo
compito fosse terminato.
Il Paladino, la Strega e la missione
Tornati in citta', il gruppo si era trovato ad affrontare subito altri problemi: il mago Gandalf aveva subito cercato di
"attirare" altri personaggi al Male (primi tra tutti il mago Twilight ed Attila), usando i suoi poteri magici di controllo
della mente. Scoperto e bloccato,era stato condotto con i suoi "controllati" dal Sommo Patriarca di LaSoglia, che con l'aiuto
di Tarastia, aveva rotto il maleficio di Hel. I guai pero' non erano finiti: nottetempo Ilya, uno dei membi del gruppo, era
stato attaccato da dei non-morti sull'isola fluviale di Fogor, e si era salvato soltanto grazie all'intervento di Dyvim Ris,
un Paladino dell'Ordine dei Bianchi Leoni di Ixion che aveva scacciato le creature delle tenebre. Ne' i morti, ne' il
cavaliere erano li' per caso, ovviamente. Il suo destino e quello del gruppo erano destinati ad intrecciarsi: Dyvim stava
dando la caccia ai seguaci di Hel che avevano attentato alla vita del gruppo, e li cercava proprio per ritrovare il Teschio
di Rubino, sottratto al suo ordine da Lylin, una potente strega delle Tenebre (quella uccisa la notte precedente da Reena,
doveva esser soltanto una delle sue allieve). I cultisti, ovviamente, ora cercavano la stele e la mappa in possesso del
gruppo.
Il giorno seguente, dopo una visita alla biblioteca, tutti avevano capito che la mappa indicava la via per la Fortezza della
Zanna, un luogo arcano, perduto da qualche parte sui monti Altan Tepes. Su di esso si intessevano molte vaghe leggende,legate
ad un immenso tesoro e ad un terribile guardiano. Sulla mappa erano riportati altri due luoghi, chiamati Cancello Nero e
Underwater, situati all'incirca nella zona dell'attuale Penhaligon. I luoghi erano collegati da una strada e gli avventurieri
avevano deciso di seguirla passo passo, per non perdere indizi preziosi: l'idea era quella di precedere gli sgherri di Hel
alla Fortezza stessa, cercando al contempo di capire cosa questi stessero cercando di preciso.
A questo punto, per rinfoltire il gruppo in vista delle imprese a venire, Reena aveva indetto un torneo da Vovelovi' e qui il
resto dei personaggi s'era unito al gruppo, come mercenari stipendiati dallo stesso Dyvim.
Nelle terre selvagge
Sbrigate le ultime pratiche, il
gli avventurieri s'erano rimesso in viaggio, facendo come prima tappa il cimitero, al fine di recuperare il Teschio, per poi
proseguire in direzione di Penhaligon, seguendo le indicazioni della stele. Al cimitero, pero', il gruppo aveva scoperto di
esser stato preceduto: Lylin e i suoi complici erano gia' passati, riprendendo il Rubino incantato, per poi allontanarsi
verso le terre selvagge ad est. Gli avventurieri li inseguirono, in un territorio di colline aspre e rocciose, privo di
insediamenti umani.
Dopo alcuni giorni di marcia, una notte, il gruppo era stato assalito da un folto gruppo di strani goblins, grossi, selvaggi
e pelosi. Erano stati facilmente massacrati e gli avventurieri avevano trovato una preziosa gemma su ognuno dei cadaveri,
come se fossero stati assoldati per quell'attacco. Di Lylin, pero', nessuna traccia: su quel terreno sassoso le impronte del
suo gruppo erano svanite come neve al sole.
Seguendo la direzione indicata dalla stele, gli avventurieri erano infine usciti dalle colline, arrivando in una zona di
fitti boschi verso il fiume Scendimonti. Qui avevano incontrato un bizzarro eremita mezzo pazzo, che li aveva indirizzati
sulla strada corretta: li' vicino, infatti, nascosti tra gli alberi, c'erano i resti d'un'antica strada lastricata.
Scontro al Cancello Nero
Seguendola, il gruppo era infine arrivato al secondo punto segnato sulla mappa: un funesto cancello di metallo nero, che
chiudeva l'accesso ad un ponte su un fiume spumeggiante dalle acque scurissime e malsane. Oltre, si delineavano i profili
d'un bosco di quercie color della notte, le cui chiome immobili non erano neanche sfiorate dalla brezza.
Il gruppo si accampo' nella radura davanti al ponte, mentre meditava sull'enigma iscritto sul cancello e sul modo per poterlo
attraversare: il torrente, infatti, risultava gelido e pericoloso, e lupi d'ombra difendevano i confini del Nero Querceto,
rendendoli invalicabili.
Quella notte, scendendo dai vicini monti Cime Nere, arrivo' una violenta bufera di neve e, approfittando della sua copertura,
la strega Lylin attacco' il gruppo. Gli stessi goblin pelosi gia' uccisi giorni prima tornarono ad attaccare il gruppo, come
terribili non-morti: e, anche se feriti orribilmente, nessuno di loro cadeva, come animati da qualche energia arca ed
inesauribile. Le gemme, le gemme sottratte ai loro cadaveri erano la chiave per la loro sconfitta: mediante qualche oscuro
sortilegio, avevano assorbito lo spirito dei goblins e solo distruggendole questi potevano esser uccisi definitivamente.
Lo scontro fu durissimo e solo grazie allo sforzo congiunto di tutti Lylin fu sconfitta e costretta alla fuga: un muro di
ghiccio magico ne copri' la ritirata ed il gruppo ebbe tempo di riposare e curarsi le molte ferite. Una cosa, pero', s'era
capito: la strega nera e Dyvim si conoscevano, e piuttosto bene, oltre ad odiarsi.
Il Buio Querceto
Al mattino, il sole era tornato ed il gruppo incontro' Grog, un enorme guerriero muto che vagava senza meta nella foresta. Il
gigante si uni' al gruppo volentieri, forse neanche ben capendo di preciso dove si stava recando. Quindi, usando sangue e
parole segrete, il gruppo apri' il Cancello, entrando in un luogo alieno consacrato ad Hel: il querceto era spettrale,
popolato di ombre fameliche acquattate tra alberi silenziosi dalla linfa di sangue. Qui si trovava un pozzo sigillato, porta
verso abissi ancor piu' misteriosi: superate una serie prove ed affrontate alcune orribili creature, tra cui un'arpia
demoniaca dal canto terrorizzante, gli avventurieri avevano infine trovato la chiave per aprirla. Era custodita da un
malevolo demone-pipistrello, capace di lanciare incantesimi e maledizioni: si autoproclamava Guardiano e "servo del suo
Maestro, Agatheon, Signore dell'Underwater". Il demone aveva chiesto il Teschio di Rubino come prova del fatto che gli
avventurieri fossero amici: non avendolo, avevano dovuto sfidarlo e sottrargli la chiave con la forza e l'inganno. Non erano pero'
riusciti ad eliminarlo, in quanto la creatura era scomparsa in una bolla di buio magico.
Il Teschio di Smeraldo
Entrati nel Pozzo, il gruppo si trovo' in un inquietante sotterraneo, una sorta di lungo corridoio di pietra scura
intervallato da vaste sale, come una sorta di percorso obbligato verso chissa' cosa. Il luogo era popolato da creature da
incubo: ragni giganti e non-morti sopra tutti e in ogni stanza si trovavano oggetti utili ed arcani. Nell'ultima, Twilight
era entrato in possesso d'uno splendido oggetto: un bastone d'ebano incantato, con sopra incastonato uno smeraldo, cesellato
a forma di teschio. La similitudine con il gemello di rubino era troppo precisa per esser casuale: i due oggetti dovevano
esser legati in qualche modo...
Siriath Daemonbane
Oltre questa, arrivarono in una grande cripta circolare, completamente allagata d'acqua scura e minacciosa. Al centro
dell'unica passerella di pietra che l'attraversava, stava incatenata una magnifica spada. Era antica e potente, forgiata da
mani non umane nel piu' puro dei metalli, il Nivium e la sua lama brillava di minute rune azzurre di potere. Dyvim ne rimase
allibito. Si trattava di Siriath Daemonbane, una lama leggendaria il cui scopo ultimo era la distruzione delle potenze
dell'Abisso. Si credeva perduta per sempre ed ora era li', davanti al gruppo, reale.
Il cavaliere la raggiunse in fretta ma prenderla non fu altrettanto facile: tentacoli uncinati sbucarono dall'acqua, a decine
e decine, cercando di afferrare e dilaniare gli avventurieri. Dyvim impugno' Sriath, ma la spada non sembro' rispondere al
suo tocco, restando inerte e pesante come un macigno. Il gruppo combatte' per la vita, correndo sulla passerella scivolosa
fino alla salvezza dall'altra parte: il tributo pagato fu altissimo. Galdalf e molti altri perirono, fatti a pezzi e divorati
dalla cosa nella pozza. I compagni li piansero in silenzio. Dyvim, in un impeto d'ira, getto' la sacra lama, ritenendola fasulla: l'arma fu raccolta da Golfalon e questa scelta cambio' del tutto il suo futuro.
Siriath, dopo un'istante, brillo' nel suo pugno come fosse viva: il guerriero, fino a che la spada lo avesse voluto, sarebbe stato il suo Portatore. Come mai non avesse accettato Dyvim per quel ruolo, comunque, rimase per tutti un mistero...
Underwater
Gli orrori non erano finiti: il passaggio terminava in una sorta di rimessa da barche in pietra, dalle cui finestre ogivali
il gruppo pote' capire dove era finito. Un mondo alieno, degno del peggiore degli incubi, completamente consacrato ad Hel ed
ai suoi abomini. Si vedeva una vasta valle, chiusa da montagne nere ed inaccessibili, sotto una luna malata e moribonda. Ma
la cosa piu' terribile era che tutto, tutto il paesaggio, luna compresa era immerso in acque profonde e malsane, dai riflessi
putrescenti. In essa galleggiavano o nuotavano corpi morti dagli occhi spenti e grandi meduse lattigginose.
Nella valle si levava un tetro maniero ed una luce rossastra brillava in una delle torri. Un lunghissimo ponte lo collegava
alla rimessa, dove una barca sembrava attendere i personaggi che, non potendo far altro, vi salirono.
Mossa da una corrente invisibile, l'imbarcazione giunse al castello, fermandosi davanti al suo immenso portone. Il luogo
sembrava la fonte di ogni male, eppure il gruppo venne accolto con garbo, se non con calore. Una donna dall'aria lasciva,
vampiresca, saluto' i viaggiatori, accompagnandoli all'interno, in una cupa sala delle udienze, dal suo signore Agatheon.
Continua...
|