Il
tesoro del mondo perduto
Parte Prima - Il Viaggio
Così Iniziò: Kelven
Kelven era sempre stata una cittadina interessante, ma tranquilla.
Così gli avventurieri dovevano tentare fortuna altrove.
Bandi e voci parlavano di un mercante di Specularum che
cercava avventurieri per missioni di ricerca. Un vera e
propria caccia al tesoro, dicevano. Così un giorno freddo
di Vatermont, in una taverna del porto di Specularum, il
mercante si presentò, all'ora precisa in cui le voci avevano
indicato la riunione plenaria per la nuova missione.
Era il diciottesimo giorno di Vatermont! (18/02). Il mercante
si presentava molto anziano. La lunga barba bianca, appena
sfiorata da rade venature di grigio, arrivava quasi fin
sul petto, all'altezza dello sterno. Si poggiava stancamente
su un lungo bastone nodoso, con in cima una gemma. La gemma
aveva inciso al suo interno un albero d'argento, cinto da
sette stelle d'oro. Un vecchio zaino era il suo unico equipaggiamento,
non pareva possedere armi di alcun tipo.
Si sedette pesantemente ad un tavolo e prese una borsa di
cuoio, della grandezza di un pugno. La gettò sul tavolo
ed il tintinnio delle monete d'oro fece sobbalzare gli avventori
della taverna. Ora, chi avesse voluto accettare la proposta
che da lì a poco sarebbe stata fatta, aveva solo da sedersi
a quel tavolo e discutere sul da farsi e sul compenso.
Il Gruppo si Forma
Gradualmente alcuni avventori della locanda iniziarono a
sedersi al tavolo del mercante; prima uno, poi altri, infine
il numero era sufficiente per meritare una piccola spiegazione.
Il vecchio si schiarì la voce ed iniziò a parlare.
"Avete orecchie buone..." disse, quando tutti furono seduti
al tavolo. "OSTE, UN PASTO CALDO ED ABBONDANTE PER TUTTI!"
poi guardò Jeremy, un halfling delle cinque
contee, anche lui si era seduto insieme agli altri. Il vecchio
aggiunse: "PER LUI DOPPIA RAZIONE!"
Sorrise, come poteva sorridere un vecchio come lui. "Mi
chiamo Anurièn, beh, più semplicemente
Golthar, se preferite. Sono un ricercatore
di tesori. Il mio obiettivo in questo periodo è una nave
affondata qualche lustro fa nelle acque di Minrothad, a
sud del continente. Non è certo facile raggiungere quelle
zone, infestate da bucanieri e pirati, tuttavia ho qualche
... ehm, conoscenza e anche una buona base economica per
convincere certi amici a collaborare."
Tossì, si accese una pipa d'avorio e madreperla, e continuò,
emanando ogni tanto piccole nuvolette di fumo profumato.
"Ovviamente la missione non è esente da pericoli... Purtroppo
vi sono molti che cercano in qualche modo di approfittare
delle mie conoscenze per fare soldi... Ci seguiranno, e
tenteranno di carpire i nostri segreti. Inoltre affronteremo
terre selvagge, in cui ancora orchetti e goblin vivono sovrani.
Non facile, vero? Bene... Vediamo il compenso."
Tossicchiò, tirò ancora la pipa, quindi:
"250 monete d'oro subito a testa. E una volta ritrovato
il tesoro il 5% del valore totale, una volta riportatolo
qui a Specularum. La nave trasportava ricchezze dal Regno
di Ierendi verso questa città. Le storie narrano
di oltre 400.000 monete d'oro di valore. Se fossero veritiere,
la vostra parte ammonterebbe a 20.000 monete d'oro. Un vero
capitale..."
La pipa si stava per spegnere. Comunque il vecchio concluse:
"Io ho due servi fedeli. Un guerriero di nome Roger
ed una sacerdotessa di nome Jasmine. Loro
saranno della partita. E divideranno il tesoro con voi;
fanno parte del vostro gruppo." Il vecchio si rilassò, si
appoggiò alla sedia, e riattizzò la pipa con dell'altro
pregiato tabacco. Intanto l'oste e un cameriere servivano
una abbondante cena.
Il Contratto
Il gruppo non fu avaro di domande e richieste, tuttavia
dopo una estenuante trattativa, i più si convinsero a partecipare.
Golthar li guardò attentamente uno per uno e disse: "Tenete
presente una cosa: io ho supposto che ci siano tesori per
quella cifra là sotto... ma potremmo trovarne di meno, o
forse di più... in tutti i casi il vostro compenso sarà
il 5%, più ovviamente le 250 monete d'oro pattuite e che
vi verserò insieme all'oggetto di cui vi parlavo. Allora
chi accetta firmi su questo contratto!"
E pose una pergamena che vergava nero su bianco tutto ciò
che aveva offerto. Gli avventurieri dal canto loro si impegnavano
a svolgere l'incarico al servizio di Golthar, per tutta
la durata del medesimo e fino a quando il tesoro non fosse
stato ritrovato o Golthar stesso li avesse liberati da quel
vincolo. In caso di rescissione unilaterale da parte loro,
avrebbero perso l'oggetto avuto in omaggio ed avrebbero
dovuto pagare 500 pezzi d'oro in monete o beni posseduti
di penale. Altrimenti la galera!
Era un contratto molto vincolante. Tuttavia era chiaro che
in cambio dei molti vincoli, non vi erano in ballo solo
i soldi o gli oggetti. Vi era in ballo anche il potere e
l'esperienza. Sarebbe potuta essere una avventura molto
proficua, per coloro che avessero veramente avuto voglia
di rischiare qualcosa...
Il Primo Scontro
Non tutti i presenti furono così d'accordo con le condizioni
che il contratto di Golthar poneva. Uno su tutti, un ssacerdote
oscuro di nome Syrio, vi si oppose caldamente,
e quando il vecchio gli rispose picche, reagì nel peggiore
dei modi possibili; repentinamente si avvicinò a lui e gli
inflisse un secco pugno.
Il pugno era diretto alla mascella del vecchio Golthar.
Avrebbe la sua fragile ossatura potuto sopportare un colpo
così violento a distanza ravvicinata? Ma il maglio di Syrio
non andò mai a segno. Con una insospettata agilità, Golthar
si tirò indietro, alzandosi dalla sedia su cui pochi attimi
prima era tranquillamente accomodato. Un movimento repentino
del nodoso e lungo bastone del vecchio, rotatorio e rapidissimo,
colpì la mano che aveva sferrato il colpo, all'altezza dell'avambraccio.
Un gemito di dolore si udì appena dalle labbra del giovane
Sacerdote, mentre il bastone, con la medesima rapidità,
andava ora a colpire la gamba sinistra, all'altezza del
ginocchio. Come guidato da una vera e propria mira autonoma,
il bastone, mentre Syrio si accasciava su un solo ginocchio,
roteò per la terza volta e colpì secco sulla nuca. Il giovane
era ora sdraiato per terra, bocconi. Golthar dunque si erse
nella sala e guardò i presenti. Disse:
"Non crediate, giovani avventurieri, che io mi burli di
voi. Il mio impegno nei vostri confronti è di donarvi ricchezza
e esperienza, coraggio e fiducia. E l'ho dimostrato donandovi
oggetti che non avreste potuto acquistare nè trovare neanche
cercando per mille di questi anni! Eppure molti di voi ancora
non hanno fiducia in me, nella mia missione. Ora vi dico,
non accetterò che voi partecipiate al viaggio, se non avrete
fiducia in me. E la firma su questa pergamena è innanzi
tutto una dimostrazione di fiducia. Non crediate che io
sia debole e fragile, non dovete mai credere all'apparenza.
Tuttavia il vostro aiuto mi sarà necessario, poichè ognuno
di voi, del suo cuore possiede risorse differenti da tutti
gli altri, e solo la forza di questo gruppo unito, ognuno
con le sue peculiarità e capacità, e tutti insieme come
un'onda del mare in piena, sapremo spazzare le difficoltà
che andremo ad affrontare. Ma..." Ammonì, crescendo ancora
di più, nella penombra dell'emporio. Pareva oramai un gigante,
e la voce rombava. "Sappiate che ogni piccola divisione,
ogni piccola incrinatura, ogni piccola miserabile azione
egoista ed individuale porterà alla rovina! Le falle si
apriranno nella nostra chiglia, e finiremo tutti al fondo.
Per questo dovete essere sicuri, ed io sicuro di voi. Dunque
ho deciso. Chi non firmerà il contratto non sarà della partita.
La missione spetta solo a chi ha il coraggio di mettersi
in gioco, in tutto e per tutto. Coloro che non lo vogliono
fare, posino gli oggetti e si allontanino. Non è più gradita
la loro presenza qui!"
Detto questo il vecchio Golthar tornò quello di sempre,
pacato, secco, fragile, meditabondo. Prese la pergamena,
intinse l'inchiostro, aiutò Syrio ad alzarsi e gli disse,
paterno: "Firma figliolo. Oggi hai imparato una lezione
importante. Che questa lezione ti sia utile per servire
meglio la mia e nostra causa."
E gli mise la penna tra le dita.
Dopo Syrio, uno alla volta tutti firmarono. Una compagnia
eterogenea, come annunciato, composta da Esya,
Roger ed Ailree, tre guerrieri dalle caratteristiche
diversissime, Rhasko, un ladro gentiluomo,
Kevin, un mago, Jasmine e Syrio, due sacerdoti
di opposti culti, Alyssa, un'elfa dal carattere
difficile, Jeremy un Halfling simpatico e pasticcione, ed
infine lui, Golthar Anurièn, il mandante della missione.
Inizia il Viaggio - Primo Scontro
Il viaggio dunque iniziò, a bordo della nave pilota Eristelle.
Non vi furono problemi durante tutta la prima giornata,
e la notte giunse a rinfrescare ed a donare il meritato
riposo alla ciurma ed agli avventurieri. Il mattino successivo,
un lieve venticello spirava alle spalle del veliero, direzione
sud. Il gruppo fece colazione, poi una campana dal ponte
iniziò a suonare ripetutamente.
Marinai passavano rapidi da un lato all'altro della sala
comune, e presto il Nostromo scese in essa avvisando: "Abbiamo
visite, tutti sul ponte!"
Golthar non era con loro, tuttavia la sensazione era che
i guai stavano iniziando prima del previsto...
Il gruppo chi prima chi dopo, si precipitò sul ponte. Lo
spettacolo che ne risultò non fu certamente piacevole. Due
navi battenti bandiera NERA si avvicinavano di gran carriera
al veliero che li trasportava. Si trattava di piccole e
veloci navi con una fila di dodici remi per fiancata e con
vele ammainate. Sul ponte si notavano, anche se ancora molto
distanti, diversi movimenti, ciascuna poteva trasportare
da 15 a 30 persone armate fino ai denti che attendevano
di abbordare.
Il ponte di Eristelle brulicava ora di marinai, ve ne erano
almeno trenta, armati di lunghi archi e spada corta, e con
corazze di cuoio indosso.
Il Nostromo si avvicinò a Golthar, ora ben visibile sul
ponte di comando, e gli disse qualcosa. Quindi il vecchio
si diresse verso il gruppo e disse: "Sono navi Pirata, i
Pirati del mare del Terrore. Attaccano navi isolate e senza
particolari armamenti. Non sono gente particolarmente coraggiosa,
se la prendono con le facili prede! Ma questa volta hanno
sbagliato strada!"
Li guardò, uno ad uno, quindi:
"Bene, la milizia è schierata e sapranno difendersi! Tuttavia
vi ho ingaggiati per le situazioni di pericolo, quindi ritengo
che il vostro lavoro di guardie del corpo sia giunto all'esordio.
Fatemi vedere cosa sapete fare! Una moneta di PLATINO per
ogni pirata che fate schiattare!"
Vittoria - Si Prosegue per Minrothad
La battaglia infuriò prima con le armi da lancio, quindi
con il corpo a corpo. Tuttavia non fu semplice per il gruppo
sostenere i marinai. Con alterne vicende comunque gli avventurieri
riuscirono a scamparla, e la nave potè così proseguire fino
alla prima destinazione, l'isola più occidentale delle Gilde
di Minrothad!
Le Gilde di Minrothad erano così nominate per il gran numero
di corporazioni e sette che le componevano. L'arcipelago
omonimo era composto da sei isole, due più grandi, Trader
e Alfeisle, le altre più piccole e spesso
con un solo porto molto ben guardato dalla milizia locale.
Vi erano altri scogli e piccole terre emerse, ma di minore
se non nulla importanza. La nave, diretta a Sud Est, passò
alla destra della prua una isola che da lontano parve montuosa
ed ostica; il nostromo parlò di un'isola "forte", che faceva
da baluardo ad eventuali attacchi. Quindi docilmente la
nave Eristelle raggiunse il porto più grande della parte
nordoccidentale dell'isola maggiore, Port Layton,
"Harbortown" nel gergo dell'isola. La giornata era bella
e soleggiata, calda, il clima mite metteva di buonumore
e facilitava la guarigione delle ferite riportate nella
battaglia precedente. Il capitano fece sapere agli avventurieri
che la loro sosta sarebbe durata tutta la mattina, e che
nel pomeriggio la nave sarebbe salpata per la capitale,
dove avrebbe attraccato in serata. Dal porto si accedeva
facilmente alla parte umile della città, dove negozi ed
empori si alternavano a case private, fabbrichette artigianali,
altri locali, tra cui alcune taverne. Una fila di spesse
mura a tratti crollate e semidistrutte, divideva poi la
parte umile dalla zona nobile, con negozi di alto lignaggio,
importanti residenze per nobili, e soprattutto con il castello
del Signore della città. In giro per le strade della città
vi erano alcuni umani, ma soprattutto elfi, dalle vesti
particolari. O in lunghe tuniche azzurre, oppure alcuni,
che parevano di passaggio, con corti vestiti verde acqua
o verde scuro, con mantelli verde grigiastri mimetici. La
popolazione cittadina invece appariva per lo più umana,
tuttavia non sembrava godessero di particolari privilegi
ed anzi molti apparivano in condizioni di povertà o indigenza.
Manifesti ed editti appesi alle mura ed alle pareti ammonivano
riguardo l'uso della magia, che nelle Gilde era tollerato
solo per lo strato nobile della popolazione.
Golthar riunì il gruppo e disse, pacatamente: "Questa è la città vecchia di quest'isola. Siamo sulla maggiore delle isole, l'isola Trader, che è anche punto di partenza delle più importanti rotte commerciali dell'arcipelago. La nave che cerchiamo è affondata tra l'Isola Nord e l'isola del fuoco, che si trovano a Nord Est di qua. Stasera saremo nella capitale dove ci equipaggeremo a dovere per le immersioni, quindi partiremo con un battello locale alla volta del luogo che cerchiamo. A quel punto Eristelle completerà le riparazioni ed i rifornimenti e tornerà a Specularum. Quella sarà l'ultima occasione per tutti voi di ripensarci e tornare a casa."
Minrothad
Quando fu il momento, la nave salpò e senza alcuna difficoltà circumnavigò la parte settentrionale dell'isola maggiore dell'arcipelago, approdando dopo diverse ore al porto di Minrothad con una manovra piuttosto complicata, per evitare le numerose trappole che erano ivi costruite a difesa dagli intrusi. Minrothad era una cittadina completamente differente da Port Layton. Viva, piena di attività, florida nel suo commercio, il porto era grande e diverse navi di varie dimensioni facevano sosta. Alcune portavano le insegne del Regno di Ierendi, altre del continente, una addirittura portava la bandiera del ricco e florido impero di Thyatis. Il gruppo fu congedato dal capitano e Golthar diede loro le indicazioni per raggiungere la locanda del Porto, la più vicina al molo ed anche la meno costosa, a dire della popolazione locale. La cittadella di Minrothad si trovava nell'interno, distante dal porto, lungo la rotta delle insenature che portavano al mare. Golthar diede ordine al gruppo di stazionare invece nella zona portuale, cenare e riposare bene Il mattino sarebbe stato foriero di una nuova pericolosa avventura.
E un'altra notte passò tranquilla. Il mattino all'alba, dopo aver consumato una rapida colazione, il gruppo si ritrovò compatto al molo principale. Golthar era lì ad attenderli, insieme ad un halfling. Ma non si trattava di Jeremy.
"Signori, questo è Wil, Wil Omshford; egli
sarà il nostro trasportatore, ci porterà in sostanza nel
luogo convenuto. Ed il mezzo di trasporto sarà... quello!"
Indicò il mare. Nessuna nave vi era ancorata! Con stupore il gruppo guardò verso l'uscita della baia di Minrothad, una baia circolare ad anello interamente circondante la città. Golthar sorrise e disse: "Ma no,no, venite, venite qui in punta al molo!" Allora il gruppo si avvicinò e notò, sotto il livellod el molo, una apertura metallica con una scala a pioli che scendeva. A pelo d'acqua vi era un natante dei più strani che sembrava un pesce di metallo. "Questo è il miracoloso trasportatore sottomarino del geniale Wil."
Un Viaggio Sottomarino
Il gruppo si ritrovò dunque su una specie di pesce metallico, che a dire di Wil aveva la capacità di viaggiare sott'acqua! Il viaggio iniziò. Il pesce metallico viaggiava ad una velocità piuttosto ridotta, non fu dato di sapere con quale strano meccanismo o con quale magia potesse camminare superando la forte resistenza dell'elemento liquido, tuttavia procedeva regolarmente, permettendo al gruppo ed a chi volesse, di vedere nella penombra subacquea splendidi paesaggi di flora e fauna marina. Ogni tanto piccoli relitti o resti di ossa si intravedevano sul fondale, che non appariva essere troppo profondo.
Il viaggio durò diverse ore, tanto che Kevin ebbe il tempo di svegliarsi completamente riposato e potè studiare i suoi incantesimi. Il gruppo mangiò un pasto rapido a base di pesce essiccato e succo di mela, chi volle potè bere acqua buona seppur non freschissima.
Finalmente il sottomarino entrò , non senza patema d'animo per gli occupanti, in una grotta subacquea, e con stupore di tutti loro riemerse in una specie di baja naturale in pieno mare. Wil disse, con un accento spiccatamente Ierendino:
"Signori, eccoci arrivati! Questa è la falda di
Thomar, un lago naturale sotterraneo. Per uno strano
effetto fisico, questo lago, pur essendo in una grotta totalmente
sott'acqua, permette la respirazione. Golthar mi ha detto
di portarvi qui, tuttavia non ho la minima idea di cosa
ci possa essere all'interno. Vi sono molte cavità inesplorate
qua sotto. Comunque, signori, buon divertimento e buona
caccia, io vi aspetto qui, al sicuro, sul mio sottomarino."
Fece un sorriso non troppo convinto, diede una pacca di incoraggiamento a Jeremy, e scese di sotto.
Golthar controllò rapidamente che tutti fossero scesi, accennò ad un ringraziamento per l'Halfling, quindi tirò fuori una pergamena con una mappa che a prima vista portava chiari i segni dell'età, e senza alzare gli occhi concentrati da essa disse, come parlando a se stesso: "Ci siamo tutti? Siete pronti ad iniziare l'esplorazione?"
Un silenzio preoccupato seguì le parole del vecchio. Dopo qualche altro attimo di tensione, Golthar alzò lo sguardo dalla mappa si guardò intorno nella ampia grotta e indicò con l'indice della mano destra una delle molte aperture che si notavano. "Di là!" disse. E si incamminò verso l'ignoto.
Parte Seconda - Le Caverne dei Re
Breve fu la strada, per corridoi irti e rocciosi, stretti ed angusti, che portò ad una caverna, la prima che il gruppo avrebbe dovuto affrontare. La caverna era ampia, e conteneva uno stagno sul fondo. Là il gruppo incontrò il suo primo terrificante nemico, un enorme polpo che non senza difficoltà, venne sconfitto dalle loro lame. Un breve litigio tra Syrio e Kevin preluse alla preparazione di un bivacco ed all'accensione di un fuoco, che doveva tra le altre cose servire ad asciugare i vestiti fradici di coloro che avevano lottato direttamente nell'acqua.
La Grotta del Polipo
Golthar ricomparve, improvvisamente, e si sedette attorno al fuoco. Vide Kevin in disparte e se ne dispiacque, così lo chiamò. "Vieni con noi, ragazzo, il fuoco non appartiene a nessuno, bensì è di tutti, e non è una vergogna goderne insieme il calore".
Quindi disse: "Sicuramente la mappa è stata vergata da qualcuno che conosceva bene questi luoghi, dovremo star più attenti ad interpretare correttamente ciò che vi è scritto. Ma la mia domanda ora è questa: quel polipo forse proteggeva qualcosa. Qualcosa di molto grosso. Non oserei sperare di trovare così presto il tesoro che vado cercando, ma sarebbe un grosso peccato lasciare questo luogo senza aver almeno tentato di conquistarne i segreti più reconditi."
Golthar si fece pensoso, poi concluse: "Ho bisogno di due volontari. Due coraggiosi e soprattutto fedeli. L'incarico non è semplice."
Sospirò ed attese che qualcuno si offrisse per il compito che voleva dargli, sapendo che se solo avessero immaginato cosa li aspettava, tutti si sarebbero rifiutati colmi di terrore e codardia.
Kevin intervenne così chiedendo cosa i due prescelti avessero dovuto ricuperare dal fondo dello stagno. Il mercante non fu avaro di spiegazioni e disse: "Io credo che il polipo difendesse qualcosa di molto importante, e che la pozza d'acqua che vedete, sia stata creata appositamente per occultare un qualcosa che vi è nascosto sotto le fredde e scure acque. Per verificare dunque è necessario che qualcuno di noi si immerga in quella pozza e possa scoprire cosa ci sia."
Prese fiato, poi aggiunse: "Nel mio modesto repertorio di trucchi da baraccone, posseggo uno in particolare che permette di sopravvivere sott'acqua senza essere anfibi per un certo periodo di tempo, diciamo una decina d'ore. Ma il trucco in questione è operabile da me solo su due persone, e non di più. Per questo mi servono solo due volontari. Le caratteristiche? Alyssa è perfetta, poichè anche in assenza di luce, è in grado di vedere gli ostacoli e le forme di vita, e altre cose tramite il suo potere elfico, l'infravisione. Il secondo dovrebbe essere uno che ha comunque una robusta costituzione, poichè se ci fossero intoppi dev'essere pronto a combattere e soprattutto a resistere sott'acqua più a lungo delle dieci ore previste. Infatti mano a mano che questa abilità scemerà nel corpo di chi la ha ricevuta, egli avrà ancora tempo per quanto la sua costituzione potrà sopportare, e uno troppo debole morirebbe presto annegato. Ovviamente il rischio verrà ripagato. Se non troverete il tesoro che cerco, ma troverete altri tesori, saranno tutti vostri, completamente. Il 5% vale solo per il tesoro che dovete trovare per me, come promesso ad inizio avventura."
Alla fine furono Alyssa ed Esya a scendere sul fondo dello stagno, grazie al potere di respirare sott'acqua che l'incantesimo di Golthar aveva loro donato… Il forziere fu trovato e dovette essere utilizzata una massiccia dose di pergamene da Alyssa, con l'incantesimo "disco levitante", per portarlo in superficie. Tuttavia esso, per niente alleggerito, dovette poi essere trainato a riva con delle pesanti corde dal gruppo. Ma proprio mentre il gruppo si attrezzava per il recupero del forziere - erano passate oramai 3 ore e mezzo da quando le due ragazze erano entrate in acqua - Improvvisamente dei passi lontani risuonarono nel corridoio che aveva portato gli avventurieri così in basso in quel complesso di caverne. Erano
passi pesanti e lenti, e non sembravano appartenere ad un solo essere!
I passi si fecero sempre più vicini. Ad un certo punto Jeremy spuntò dal corridoio e con alcuni segni molto ben fatti fece capire ai compagni che si stavano avvicinando cinque mostri armati di clava.
In effetti essi spuntarono dopo alcuni ulteriori minuti. Si trattava di un gruppo di grossi umanoidi dotati di un fisico asciutto e non troppo muscoloso, anzi piuttosto ossuto. Erano alti più di due metri e mezzo, ma ciononostante non apparivano dei veri e propri giganti, perchè camminavano quasi gobbuti. Il colore della pelle era parecchio pallido, sebbene nella penombra non fosse semplice capirlo appieno. Gli umanoidi erano cinque, tre armati di clava, due con la clava anch'essi ma con due grosse torce che facevano luce. Erano nudi al di fuori di un grosso perizoma di pelle animale che ricopriva le putenda. Arrivati nella caverna si bloccarono, e quello in testa, completamente calvo, iniziò ad annusare, bloccandosi e facendo fermare anche gli altri. Iniziò a guardarsi intorno e non ci mise molto ad individuare Aliree e Jeremy. Tuttavia il gruppo reagì al pericolo ancora una volta unito e senza esitazioni; forte di ben tre guerrieri e due sacerdoti, la battaglia ban presto volse a vantaggio degli avventurieri. Il viaggio poteva dunque continuare.
Ma per prima cosa venne esaminato il contenuto del forziere, che nel frattempo era stato tirato a riva. Ne furono trovati diversi oggetti, ed in particolare un diario. Golthar pareva saperne qualcosa, tanto è vero che disse: "Dunque questo libro è il diario privato di Lady Fariah Elder, dell'omonimo casato Elfico. L'Elfa era in viaggio di piacere con la propria corte nel mare delle gilde, quando evidentemente fu attaccata dai pirati. Il diario racconta qualcosa riguardo alla vita sua e di chi le stava intorno, in genere e senza particolari ed è scritto in elfico alto. Comunque il testo fungeva anche da libro degli incantesimi per la donna, quindi ve ne sono segnati alcuni. Vi sono tre incantesimi di primo livello di potere e due di secondo livello. Tieni Kevin, credo sia pane per i tuoi denti, se vuoi quando hai tempo potrai ricopiare gli incantesimi e comunque farne copiare qualcuno anche ad Alyssa. Riguardo allo scrigno... Se vuoi, Alyssa, puoi aprirlo, il contenuto come promesso, appartiene a voi. Dividetelo pure come credete."
Lo scrigno si aprì, rivelando un piccolo tesoro. Due splendide collane d'oro e gioielli, due paia di orecchini uno di topazio giallo ed uno di rubino, tre anelli, uno con pietra verde, uno con pietra rossa ed un ultimo
con tre piccole pietre rosse. Infine una piccola spilla-fermaglio per capelli, con la forma dell'albero, il fusto fatto in oro bianco e le foglie in pietre di smeraldo.
Il viaggio riprese; di passo in passo, il gruppo giunse in un'ampia caverna nella quale vi erano cresciuti funghi di varie dimensioni, alcuni molto grandi. Jeremy utilizzò il suo fine fiuto per capire che potevano essere commestibili, ed in effetti da come erano sistemati, sembravano addirittura coltivati! Presto il gruppo scoprì che i funghi erano commestibili ed anche molto buoni; avevano trovato una fonte di sostentamento! Ma anche un potenziale pericolo; perchè quei funghi qualcuno doveva pur coltivarli…
Il Racconto di Golthar
Fu allora, che durante una breve pausa, Alyssa chiese a Golthar di raccontarle qualcosa di più a suo riguardo. Non vi era motivo per cui Golthar dovesse tacere più a lungo la sua vera identità, così si aprì con l'elfa, raccontando una storia che lo riguardava. "Il mio viaggio nel mondo è iniziato moltissimo tempo fa. Allora avevo un nome comune, come quello di chiunque di voi. Col passare degli anni la mia attività commerciale mi portò a conoscere diversi popoli, tra cui il popolo elfico e quello nanico. Molte furono le mie attività con loro, separatamente, e imparai a conoscere bene i loro costumi ed anche le loro lingue. Poi accadde qualcosa di più, la mia esperienza fu perfezionata dalla frequentazione di importanti scuole di alchimia e magia, ed alla fine aderii ad un Ordine di Stregoni che mi accolse al suo interno. Un Ordine oggi quasi dimenticato dagli anziani, e sicuramente sconosciuto ai più giovani."
Quest'ultima frase fu detta con un certo rammarico. "Beh alla fine, forse a causa di qualche impresa in cui ci cimentammo, i Nani mi misero il nome di Ghool Thar, che nella loro lingua significava IL SIGNORE DEL TUONO. Un nome curioso non credi? Come lo tradurresti in Elfico Alto?"
Golthar guardò Alyssa, sembrava stupita. "Lo tradurresti con Thorenìl. Ed infatti è così che i tuoi simili di Alphatia mi hanno battezzato nella loro lingua."
I Mangiatori di Funghi
Dalla caverna dei funghi si snodavano due cunicoli. Il gruppo dunque prese il cunicolo di destra. Dopo pochi metri il terriccio che a tratti ricopriva la roccia delle caverne scomparve, lasciandola scoperta come nei cunicoli precedenti. Il viaggio proseguì per alcuni minuti, fino a che il gruppo si trovò di fronte ad un trivio. Diritto il terreno proseguiva in piano, a destra scendeva ed a sinistra saliva leggermente. Il gruppo in prossimità del cunicolo diritto trovò una moneta d'argento in terra. Non si vedevano tracce, poichè la nuda roccia non le conservava.
Senza discutere molto il gruppo proseguì per il corridoio centrale. Si andava su un falso piano che li portò ad una caverna molto grande, in cui vi erano capanne, case ed abitazioni di vario genere. Appariva un vero e proprio villaggio. Rhasko era là, seminascosto dalla tenebra, che guardava con evidente stupore tale meraviglia, tanto splendida quanto angosciante e misteriosa. Diversi esseri viventi camminavano qua e là nel villaggio svolgendo normali mansioni di vita quotidiana. Chi trasportava acqua, chi carretti con funghi, terriccio, legna, rocce, chi teneva a bada i cuccioli. Non si vedeva molto a quella distanza della fisionomia degli abitanti. La strada infatti da quel punto in poi proseguiva pressochè scoperta in direzione del villaggio per almeno due-trecento metri. La caverna misurava almeno un kilometro di diametro ed era altissima, tanto che non se ne vedeva la parte superiore. La luce era molto scarsa, tanto che il gruppo potè ricostruire la situazione grazie alle descrizioni di Alyssa che poteva vedere nei punti più remoti meglio degli altri, e soprattutto alle piccole e blande lucine che ogni casa aveva sull'uscio. La semioscurità chiaramente inficiava moltissimo quelle che erano le capacità di ogni membro del gruppo, che risultavano molto più limitate che non alla piena luce del giorno.
Il gruppo discusse un po' sul da farsi, ma poi Golthar con una decisione netta, disse: "Una cosa è certa, non troveremo in questo villaggio quello che sto cercando, quindi conviene tornare indietro ed esplorare uno degli altri tunnel." Il gruppo saggiamente, tornò allora sui suoi passi, raggiungendo i due tunnel rimanenti. Quello di destra scendeva drasticamente verso il basso, l'altro invece saliva. Il gruppo prese quello che saliva; presto esso si rivelò un cunicolo cieco; ma gli avventurieri non erano privi di risorse, e presto scoprirono una botola sul soffitto, ben mimetizzata nella roccia; non nascondeva trappole e venne aperta con facilità. Rhasko salì agilmente di sopra e disse semplicemente che vedeva poco o nulla. Non si sentivano rumori e il locale superiore, qualunque cosa fosse, era completamente buio. Ora comunque grazie alla corda che il ragazzo aveva saldamente legato ad uno dei chiodi più alti, tutti potevano salire.
Alyssa salì per prima dopo Rhasko, e così facendo potè esplorare nel buio di quel luogo con la sua infravisione (poi vi fa la email). Subito dopo accese una torcia. Lo scenario che si parò di fronte, nel breve tratto illuminato (sei metri quadrati) non era dei più rassicuranti. La sabbia altro non era che resti oramai cenerei di ossa, mentre qua e là sparse altre ossa si vedevano in giro. Si trattava senz'altro di un luogo ove erano stati macellati diversi esseri viventi. La fievole luce della torcia non poteva permettere un quadro più completo, comunque il luogo pareva ampio ed arieggiato, in effetti un filo di corrente praticamente continua accarezzava le guance di Rhasko e Alyssa. Comunque non pareva esserci pericoli immediati, quindi senza problemi il gruppo salì in massa, tranne Golthar, che non pareva volerne sapere.
Il Sepolcro della Civiltà Scomparsa
La caverna era molto ampia, circa una sessantina di metri di diametro. Era circolare, ma irregolare, ossa rotte e cenere occupavano soprattutto la parte centrale, dove la botola sfociava, mentre le parti marginali periferiche della caverna erano libere da quei macabri resti. Esplorando con attenzione la caverna presentava due porte ricavate nella roccia, con iscrizioni in un linguaggio simile a quello degli affreschi sulla parete, una porta a Nord ed una ad Est. Le porte erano alte più di due metri e larghe circa un metro e mezzo. Non vi erano serrature.
Alla fine anche anche Golthar, un po' riluttante, salì, con inattesa agilità, e comandò al suo bastone di fare una luce maggiore. LA caverna risultava enorme, e camminando gli avventurieri facevano un fastidioso rumore pestando ossa triturate o semi polverizzate. Arrivata al fondo della caverna, Alyssa potè vedere sulla parete della medesima un affresco, che rappresentava un corteo funebre di quello che poteva essere un alto dignitario seguito da una schiera di servitori e parenti. Poco oltre un secondo affresco rappresentava i servitori in un grande fosso, bersagliati dalle frecce dei soldati. Le iscrizioni erano in lingua sconosciuta sia ad Alyssa che al resto del gruppo. Golthar stesso disse che la lingua non era a lui nota. M a qusto punto accadde una cosa davvero inaspettata.
Syrio esplorò buona parte della caverna fino ad imbattersi in una porta pesante. Iscrizioni in lingue sconosciute ne percorrevano i contorni. Eppure il Sacerdote era convinto che si trattasse di una lingua a lui vicina. Formulando una preghiera intensa rivolta al suo adorato dio, l'uomo in nero si concentrò sulle iscrizioni, al fine di riuscire a scoprirne i più oscuri e reconditi segreti.
"La via Nord, ovvero la strada della Luce"
pronunziò solennemente Syrio.
Ma cosa significava? In un mondo come quello che stavano scoprendo, poteva voler dire qualunque cosa, un simbolo, un'immagine, una speranza, una realtà. Si voltò verso i compagni, con occhi glaciali, in attesa di una decisione collettiva. Non era sua intenzione fare alcuna scelta, metteva le sue capacità a disposizione del gruppo per il solo suo interesse, cioè l'istinto di sopravvivenza. In qualche modo erano utili anche loro, e si doveva pur uscire da quel luogo. E per riuscirci vivo, avrebbe avuto bisogno dell'aiuto dell'intero gruppo e di Golthar.
"Che bell'indovinello" disse Rhasko alle parole di Syrio. "Ora sarebbe interessante tradurre anche l'altra iscrizione sulla seconda porta, così ci potremmo regolare di conseguenza. Syrio, tu che sei tanto bravo, perchè non fai la traduzione anche dell'altra?"
E sorrise, dirigendosi verso la porta orientale per esaminare la scritta. Kevin stesso intervenne, dicendo: "Singolare...davvero singolare... e le altre scritte cosa dicono, Syrio?" domandò infine al chierico oscuro, "Riesci a decifrare anche le altre?"
Syrio si mosse quasi meccanicamente, in risposta alla domanda
di Kevin, vicino all'altra porta. Passò la mano destra,
guantata di nero, sulle scritte incise sulla roccia. Poi
disse: "La strada est, ovvero la via dell'aurora".
Quindi si voltò verso il gruppo e disse: "Molto strano. Nord luce, est aurora. Strano che non vi siano porte alle altre due estremità della caverna."
Ma la sua voleva essere solo una riflessione a voce alta, per cui non insistette e ripiombò nel suo glaciale silenzio.
Il gruppo si convinse allora che le porte fossero quattro come i punti cardinali; in effetti quattro parevano essere. Tuttavia esaminando con cura le due porte Sud ed Ovest, ci si rese conto facilmente che non erano delle vere e proprie porte, ma sebbene ve ne fossero definiti i contorni, non pareva esserci modo di aprirle, nè un punto da cui spingere nè un meccanismo particolare, nè altro. Era roccia spoglia, e la deduzione che potessero essere porte si aveva solo dalle tracce che come ripetuto si trovavano sulla roccia. In realtà il gruppo non avrebbe mai scoperto che le due porte sud ed ovest, si aprivano dall'esterno verso l'interno; qui erano riuniti gli schiavi, i servi e gli animali dei nobili e dei regnanti che venivano sepolti in quel luogo, che altro non era che un enorme sepolcro. Portati ed uccisi, senza pietà, mentre le spoglie dei nobili attraversavano la porta a Nord ( i nobili di minor importanza) e quella ad est (i più alti dignitari ed i re). Le ossa sparse sul pavimento erano dunque ciò che restava di decine di centinaia di poveri servi, massacrati per poter servire i loro signori anche oltre la vita, portando con sé tutti i segreti nobili e turpi dei loro padroni.
Il gruppo però questo non lo sapeva, ed Alyssa, imprudente elfa, iniziò a picchiettare sonoramente sulle pareti delle due porte che non si potevano aprire. Golthar sentendo i picchiettii sonori di Alyssa si precipitò per fermarla. Troppo tardi. "Pazza di un'elfa, cosa fai! Non è bene svegliare le anime dei morti, questi sono luoghi dove il silenzio e d'oro!" Il volto severo di Golthar era teso all'inverosimile.
Ed infatti, come a rispondere alle sue imprecazioni, d'improvviso un sonoro ma lontano rimbombare di tamburi ad un ossessionante ritmo prima lento, poi sempre più serrato, ruppe definitivamente la pace di quel luogo.
"Shhhhttt! Zitti!" disse Golthar tendendo le orecchie.
TUM... TUM... TUM... TUM... TUMTUM... TUMTUM... TUMTUMTUM... TUMTUMTUM...
"Prendete la vostra roba, dobbiamo uscire di qua, subito! Rhasko, presto, apri una delle porte, quella che ti pare. Ma fallo in fretta, per carità! Esya, Aliree, Roger, trovate qualcosa di sufficientemente pesante e bloccate quella maledetta botola! PRESTO! Gli altri prendano il loro equipaggiamento, il nostro tempo sta per scadere!"
I tamburi si facevano sempre più vicini. Rhasko tuttavia riuscì ad aprire la porta ad Est, ed il gruppo avrebbe potuto uscire da là. La porta nascondeva un corridoio largo un paio di metri che proseguiva abbastanza a lungo. Era buio, costringendo gli avventurieri a mantenere viva la luce delle torce per poter vedere chiaramente. Contemporaneamente però la porta SUD si aprì verso l'interno della grotta, e vi penetrarono una pattuglia di esseri bassi con grandi elmi che ne coprivano occhi e naso e lunghe barbe rosse o nere. Tutti erano alti non più di un metro e dieci ed armati con grosse asce che impugnavano a due mani, mentre vestivano fulgide corazze rossastre di maglie, bande o piastre. La pattuglia era formata da una decina di esseri, che videro immediatamente Roger e Jasmine, rimasti in retroguardia, puntandoli di corsa con fare molto minaccioso!
"Alphatia aiutaci" disse Jasmine vedendo arrivare di gran carriera un gruppo di soldati che sembravano essere dei nani. Impugnando saldamente la sua mazza, la sacerdotessa pregò di non dover uccidere più del dovuto. Tuttavia come sempre in questi casi, gli scrupoli di coscienza non servivano. Jasmine svuotò cuore e mente e si preparò al combattimento selvaggio.
Forse Roger non era brillante nelle congetture e nelle elucubrazioni, ma quando si trattava di combattere, nessuno lo poteva superare in rapidità di esecuzione e prontezza. Esya era appena partita per dar loro una mano d'aiuto, ma Roger aveva già fatto sibilare il primo giavellotto, mentre il secondo veniva impugnato con sicurezza. Non gli piaceva uccidere, certo, tuttavia le intenzioni di quei nani erano talmente scontate che sarebeb stato meglio lasciarne a terra un bel mucchietto prima di ritirarsi. "Andate via voi! Qui bastiamo io Esya e Jasmine per questi qui! Vi raggiungeremo appena possibile! Non compromettete la missione!"
Non fece in tempo a finire la frase che il secondo giavellotto partì. Non ebbe il tempo di scagliare il terzo, ma la spada già rifulgeva nelle possenti mani del guerriero, e lo scudo stava per essere impugnato con la sicurezza di sempre.
Il gruppo dunque si ritrovò in trappola! L'attacco fu immediato, segno che i Nani avevano immediatamente deciso che il gruppo fosse intruso. Roger era tuttavia pronto ad accogliere il nemico, e prima che si potesse arrivare al corpo a corpo, un nano era già in terra esanime, trafitto dai suoi giavellotti. Poi lo scontro ebbe inizio. Tre nani si avventarono su Jasmine, tre su Roger ed i rimanenti su Esya. Kevin ingaggiò uno di loro alle spalle, ma il suo tentativo fu vano, ed il nano girandosi, scatenò la sua furia menando un fendente di ascia che avrebbe sicuramente staccato la testa dell'imprudente mago dal suo giovane collo. Ma così non fu. Una mano forte e decisa si materializzò dal nulla, e Kevin allora vide che Syrio ne era il proprietario. La mortale traiettoria dell'ascia si interruppe, ed il nano sorpreso non ebbe il tempo di vibrarne una seconda. Syrio lo uccise con un colpo ben assestato della sua splendida arma.
Dopo i primi tre round la situazione era dunque precaria ma non disperata. Roger Esya e Jasmine erano un po' sotto pressione, ma sembrava potessero reggere ancora. Kevin era spaventato ma incolume e Syrio era improvvisamente sbucato dal nulla e pareva intenzionato a dar manforte ai guerrieri. Rhasko, Jeremy, Alyssa e Ailree erano insieme a Golthar ancora indecisi sul da farsi. Ma Golthar disse a tutti loro: "Presto, andiamo avanti, loro penseranno a fermare i Dewar! Noi dobbiamo assicurarci che la via sia libera, Presto! Rhasko, fai strada, in silenzio!" L'ordine di Golthar sembrava davvero perentorio. Tuttavia il mercante non andò con loro, ma attese sulla soglia della porta di roccia gli eventi.
Ma quelli precipitavano. Presto i difensori furono sommersi dagli attacchi; respinsero il primo con coraggio, ma non parevano in grado di sostenerne un secondo, decine di nani stavano per attaccarli, avendo anche sfondato la botola che precedentemente era stata sigillata da Kevin; il mago stesso, ritiratosi dal combattimento, era accanto a Golthar; prendendo coraggio, forse a causa della disperazione, disse al potente Stregone: "non è possibile... Cosa facciamo? Non possiamo lasciarli qui soli, Golthar!" urlò
frustrato all'idea di essere inutile ai suoi compagni "Non possiamo!"
"Grunf!" protestò Golthar, "Detesto ammetterlo ragazzo, ma purtroppo hai ragione. Non possiamo. Fatti in là , accidenti!" Golthar picchiò il suo bastone in terra una volta, e pronunziò le parole arcane del suo Ordine:
"S H A L O M !!!"
"A K R A N !!! "
"F U N N !!!"
Improvvisamente un muro di fuoco vivo e scoppiettante avvolse la caverna, dividendola in due. Al di qua vi erano gli avventurieri, al di là i dewar ed il nero figuro. Golthar non perse tempo e ordinò, perentorio: "Presto, ritirata! Via tutti di là, passate questa maledetta porta!!!" E si mise in posizione difensiva, impugnando il bastone a due mani nell'attesa che i guerrieri del gruppo passassero la porta per raggiungere i compagni.
Il muro di fuoco ebbe l'effetto desiderato, per quando i Dewar ed il loro capo fossero fanatici sanguinari, non osarono attraversarlo. Il gruppo così passò facilmente la porta Est e si inoltrò nel corridoio. La porta venne chiusa da Golthar con l'aiuto di Kevin.
"SLAMAN! SHOCK!"
Il bastone di Golthar toccò la roccia, ed una luce azzurra parve saldare la porta a tutta la struttura rocciosa. "Di qua non passeranno facilmente! Ora andiamo presto! Comincio ad essere stanco, ed alla mia età non è un buon segno!"
Il corridoio proseguiva per diversi metri in senso retto. Questi cunicoli erano scavati con precisione impensabile, e perfettamente squadrati come quelli di una piramide. Finalmente il corridoio terminò con una porta di roccia simile alle altre, su cui iscrizioni nella stessa lingua delle precedenti erano incise. Un disegno rappresentante una nobildonna seduta a corte attirò l'attenzione del gruppo. Alle spalle di tutti loro nessun suono proveniva, quasi a rassicurare gli avventurieri sulla loro sorte immediata.
La Prima Tomba
Rhasko esaminò la porta non trovando trappole; quindi semplicemente la spinse. La porta cedette senza resistenza, e si aprì scorrendo su perfette cerniere, praticamente con un rumore di roccia sfregata ma nulla più. La stanza che seguiva era ampia, quadrata, ben levigate le pareti, affrescate con scene di corte dove la protagonista era sempre una nobildonna. Al centro della stanza su un grande piedistallo un sarcofago giaceva scoperchiato. Il coperchio era gettato poco più in là, rotto in più parti. L'illuminazione era data dalle torce degli avventurieri e dal bastone di Golthar, che emanava come al solito una fievole luce azzurrognola.
I tre avventurieri si avvicinarono a sufficienza per scoprire un cadavere mummificato di una donna, spogliato di tutti i suoi averi e ninnoli. Non era difficile intuire che un gruppo di tombaroli erano passati da quelle parti
per spogliare il defunto di ciò che aveva addosso. Alla fine, stabilito che la tomba non presentava rischi per il gruppo, si decise unanimemente di fermarsi là a riposare. La nottata fu piuttosto agitata ma senza attacchi di sorta. Tutti riposarono una decina di ore compresa la colazione e furono pronti a partire nuovamente.
Nessun rumore lasciava intuire inseguimenti o pericoli immediati, tuttavia era evidente che i Dewar non avrebbero lasciato che gli intrusi spadroneggiassero liberamente nel loro labirinto. Il pericolo oramai era
sempre in agguato.
Il Vero Fine della Ricerca…
Rhasko riposò tranquillo. Anche il suo turno di guardia passò senza problemi. Al risveglio, dopo una rapida colazione, il ragazzo raggiunse Golthar.
"Messer Golthar," esordì, "Non si può dire che la missione sia semplice. Dunque voi ci avete assoldato per ritrovare un tesoro perduto, io credevo nelle profondità marine, a seguito di un naufragio. Ma ora stiamo esplorando caverne sotterranee abitate da Elfi e nani scuri, che mangiano funghi appetitosi e si dilettano ad attaccare gli intrusi; trogloditi, troll, polipi e chissà quant'altro ci sia qua sotto nascosto. La mia domanda allora è: cosa stiamo cercando? Perchè a questo punto non mi pare si possa parlare di un tesoro perduto, quanto piuttosto di qualcosa di molto diverso..."
Sospirò, ed aggiunse: "E siate sincero per favore, credo che ci siamo meritati la verità, non credete?"
Golthar rimase a bocca aperta a tale domanda. Ma d'altronde non vi era oramai possibilità di fuga per nessuno di loro, ed oltretutto era evidente che si erano cacciati in una trappola difficile da dipanare. Così decise di rispondere a Rhasko, facendo in modo di parlare a tutti.
"Bene, come avrete capito tutti il mio lavoro di mercante
è una copertura per altre attività diciamo... meno ortodosse."
Si schiarì la voce, poi continuò. "Io mi chiamo Golthar
nella lingua comune, ma ho altri nomi. Comunque il mio appellativo
è Signore del Tuono. Mi chiamano così gli
elfi, perchè ho una certa capacità di manovrare gli elementi
del fuoco e dell'aria. Ad ogni modo vi ho assoldati per
trovare un manufatto di grande valore, sottratto al capo
dell'Ordine di Stregoni a cui appartengo e trasportato fin
nelle viscere del regno dei Dewar, dove siamo capitati."
Disse questo tutto di un fiato.
Poi però aggiunse, visibilmente rilassato: "Beh, ora sapete
più o meno il motivo della nostra discesa qui sotto, ma
quello che non sapete ancora è che il manufatto si trova
quasi sicuramente in mezzo al tesoro di uno dei più temuti
abitanti del mondo di sotto. Questo abitante si chiama AKRABAHAR."
Quando Golthar pronunziò quella parola, la grotta parve
scuotersi. Angoscia e tormento parve accendersi nei cuori
di tutti i presenti, e terrore. Lo stregone concluse: "L'oggetto
qualora venisse trovato, andrà consegnato ad Arlalindòr,
il Bianco Custode, che ha la sua sede su un'isola
remota, a sud del Regno di Ierendi. Posseggo una mappa nautica
per poterla raggiungere, ma ovviamente non ve la darò, se
non in caso estremo."
A quel punto Golthar si sedette e disse: "Bene, ora che
mi sono liberato di questo rospo che avevo in gola, posso
anche dirvi una cosa. Credo che siamo capitati nelle tombe
scomparse di Re Aghel, l'ultimo re di Minrothad,
prima che l'arcipelago divenisse una confederazione di gilde.
Si narra che le tombe nascondano immensi tesori, ma anche
trappole pericolose e letali. Probabilmente i Dewar sono
giunti fino alle tombe esterne, come questa, e le hanno
saccheggiate. Ma difficilmente saranno arrivati alle tombe
reali... E là troverete probabilmente la ricchezza. Ma attenti,
la nostra missione non si conclude qui, ma prosegue oltre.
Tuttavia le tombe vanno necessariamente perquisite, poichè
l'ingresso alla tana di colui che non nomino si trova sotto
il sarcofago del re medesimo."
"Akrabahar!" sbottò Syrio come se provenisse dall'aldilà. "Quel nome appartiene ad un demone del secondo cerchio infernale! Ma come può essere stato imitato qui su Mystara? Nessuno lo conosce, a parte i devoti del culto più oscuro e tetro! Io stesso ne sono venuto a conoscenza per puro caso, durante il mio percorso di studi nel lontano nord." Si avvicinò minacciosamente a Golthar, i suoi occhi sprizzavano grandine e gelo. "MA CHI E' ??? CHI DOBBIAMO AFFRONTARE?"
Quasi subito si calmò, rassegnato. "Stregone, hai fatto il passo più lungo della gamba. Perchè se quel nome corrisponde a colui che immagino, non torneremo mai più al mondo di superficie, e le nostre anime saranno il pasto di quel maledetto demone." E abbassò la testa tra le mani, sedendosi pesantemente a terra.
"Calmati, chierico! Non vi avrei fatti partire se non avessimo avuto almeno una possibilità di vittoria! E poi non dobbiamo sconfiggere il demone o ucciderlo. A noi basta avere il tempo necessario per sottrarre il manufatto al suo tesoro. E a tenerlo impegnato ci penserà qualcuno di noi, mentre gli altri più scaltri ed abili avranno il compito di prendere l'oggetto." Sospirò, vide Kevin in evidente difficoltà, così lo consolò: "Stai tranquillo ragazzo, non solo ti prometto che uscirai vivo da qui sotto, ma posso garantirti che ne uscirai con un'esperienza così profonda da permetterti di progredire notevolmente nei tuoi studi e nelle tue capacità!" Infine disse: "Allora, se siamo tutti pronti, possiamo riprendere la marcia. Mi sembra che la porta a Est sia l'unica praticabile..."
La Seconda Tomba
Il gruppo dunque aprì senza difficoltà la porta a est della stanza. All'esterno la porta portava le stesse iscrizioni e disegni dell'altra. Il corridoio seguente proseguiva per una ventina di metri, lungo la strada sulla parete destra vi erano due porte a distanza di 5 metri l'una dall'altra. Entrambe portavano iscrizioni con disegni. La prima rappresentava un giullare nell'atto di danzare, la seconda un nobile con penna e calamaio e con uno strumento di calcolo. Rhasko, con il beneplacito di tutti, aprì la seconda porta. La luminosità della mazza di Jasmine si espanse per la stanza, ampia, a mappa quadrata, 6 metri per 6 metri. Non vi erano porte, ma solo un sarcofago posto al centro della sala medesima. In terra, giaceva un cadavere semidecomposto di un Dewar, indossante le medesime armi ed armature di quelli affrontati in precedenza. La stanza era affrescata con varie immagini di un nobile che scriveva, faceva di conto, utilizzava clessidra e strumenti di calcolo. Fu facile per il gruppo dedurre che potesse trattarsi di un tesoriere o di un ciambellano di corte. La stanza non presentava segreti, tracce del Dewar e degli avventurieri medesimi si notavano in terra. Non vi erano altre porte e la tomba appariva, come Syrio potè facilmente confermare, inviolata. Rhasko dunque intervenne, dicendo che il sarcofago era irto di aghi un tempo venefici, ma ora non più, ed iniziò a spingere a braccia il coperchio del sarcofago, presto aiutato da altri, per smuoverlo. Questi lentamente si spostò, fino ad aprirsi completamente, ricadendo sul fianco. L'interno della tomba conteneva un altro sarcofago più piccolo, stavolta fatto in legno, su cui era dipinto il volto ed il corpo di un uomo in età avanzata, ed in atteggiamento di riposo supino. Anche il sarcofago di legno si aprì senza eccessiva difficoltà. All'interno un corpo avvolto in bende ancora bianche accuratamente conservate giaceva con le mani
conserte sul petto. Al collo portava un ricco ciondolo d'oro zecchino attaccato ad una spessa catena d'oro anch'essa. Sui fianchi strumenti di calcolo sofisticati, un calamaio ed una penna d'oca, un paio di pergamene bianche, all'altezza della vita una cintura rituale d'oro ed argento splendida, infine due bellissimi calzari d'oro.
Ma proprio mentre il gruppo stava ammirando i gioielli incastonati nella cintura del defunto, Kevin che era più avanti degli altri si sentì avvinghiare da qualcosa che gli impedì quasi subito i movimenti ed iniziò a tirarlo verso l'alto! Il ragazzo ebbe appena il tempo, nella penombra dell'alto della sala tombale, di vedere la forma affusolata di un grosso ragno...
Lo scontro iniziò inevitabilmente. Kevin ben presto fu liberato da Esya, e gli altri componenti del gruppo si scatenarono sul ragno con le loro armi a distanza. Furioso per essere stato defraudato della sua preda, il ragno gigante si gettò rapido e fulmineo sul gruppo, e colpì Rhasko con il suo morso. Ma fu l'ultima cosa che fece, poichè venuto a tiro delle armi da taglio, venne massacrato dai colpi dei combattenti.
In quel momento avvenne la peggiore delle cose. La porta da cui il gruppo era entrato, si riaprì, rivelando un nero figuro molto simile a quello che capeggiava i dewar nella grotta delle ossa. Il figuro parve stupito di trovare gli avventurieri in quel luogo, ma non fece domande. Però un mormorio sommesso uscì dalle sue labbra, ed a tutti parve sentire alla fine di quella litania, una risata malvagia e derisoria.
Il ragno non fu oggetto di interesse per Syrio. Sapeva che
i compagni avrebbero tenuto a bada il mostro, tuttavia non
si seppe perdonare di essere stato così sprovveduto da non
comprendere che la superficie del sarcofago esterno era
piena di bava di ragnatela. La morte del nano ora aveva
un senso, avvelenato sì, ma non da una trappola, bensì da
una puntura di quel maledetto aracnide. Poi avvenne il peggio.
Un signore delle tenebre aprì la porta
della tomba e scagliò una maledizione sul gruppo. Syrio
aveva sempre portato rispetto per quel genere di personaggi,
che non erano distanti dal suo modo di pensare, tuttavia
la situazione contingente non era adatta ad un dialogo sereno
sui rispettivi interessi mistici. *Divoratore, aiutami tu,
questo è un ostacolo davvero difficile!* pensò il Sacedote,
mentre alzando la sua mazza implorava il suo Signore di
spezzare la maledizione del nemico...
Il Signore delle Tenebre guardò in direzione di Syrio con aria visibilmente alterata. Non gli piaceva essere disturbato durante l'esecuzione di un rituale. Il braccio destro della figura nera si mosse, rapido, e Syrio fu scaraventato come da una forza invisibile fino in fondo alla stanza tombale, per concludere il suo volo contro la parete rocciosa con un sonoro fragore metallico. Quindi con un grido di rabbia molto simile ad un ruggito disumano, il nemico impugnò un'elsa senza lama, e ad un comando della sua voce gutturale una lama di fuoco apparve a completare l'arma. Il braccio si sollevò minaccioso, e puntò dritto su Jasmine.
Ora che lo affrontavano in corpo a corpo, gli avventurieri potevano osservare l'imponenza muscolare del loro avversario, che era alto almeno due metri e largo come un lottatore. Il volto era completamente coperto da bende e fasce, tranne gli occhi che erano rossi come i carboni ardenti. Di umano aveva solo la corporatura, ma sicuramente non era un essere comune. Aliree intervenne nel combattimento, tuttavia lo scontro non ebbe fortuna neanche per lui. Dopo aver colpito Roger l'essere si scagliò su Esya, abbattendola con un colpo deciso e ben assestato della sua spada infuocata! Roger affondò ancora i colpi insieme ad Aliree, mentre Alyssa tentava con un diversivo di infastidire l'essere, ma sia per la forza muscolare che per le dimensioni di lui, il tentativo dell'elfa inizialmente fallì. Il mostro colpì ancora duramente, Aliree, con la lama del luno pugnale. Il guerriero si ritrovò uno squarcio all'altezza dell'addome che copiosamente sanguinava.
Persino Syrio intervenne nel combattimento, e fu l'unico che in qualche modo parve colpire il nemico; tuttavia non riusciva ad abbatterlo, ed ottenne solo il risultato di attirare l'attenzione del mostro su di lui.
La situazione era tragica. Rhasko era ancora in terra agonizzante, Jasmine frastornata e gravemente ferita, Esya ed Aliree colpiti duro avevano ben poco da fare oramai e Roger stava per fare la stessa fine. Kevin aveva utilizzato il suo potenziale magico, Alyssa non pareva in grado di affrontare il mostro, Syrio era solo e ferito anch'egli... Ad un tratto però comparve Jeremy... Armato di una torcia accesa, si era avvicinato all'omone senza essere notato ed aveva dato fuoco alle sue vesti! Aiutato da Alyssa, che aveva avuto anche lei quell'intenzione, ben presto il grosso avversario fu avvolto in un rogo. Tanto bastò per farlo arretrare. Senza più curarsi di Syrio, uscì dalla stanza tombale e scomparve nel corridoio, come se non fosse mai esistito. L'impressione fu comunque che non fosse stato danneggiato dal fuoco, quanto piuttosto che la troppa luce concentrata in poco spazio lo avesse in qualche modo privato dei suoi sensi e costretto alla fuga. Cosa fare adesso era un problema grosso del gruppo. Tutti avevano bisogno di riposo ma sarebbe bastato barricarsi nella tomba per poterlo ottenete in tranquillità?
Rhasko era rimasto avvelenato dal ragno, quasi tutti erano
feriti, e Golthar stesso aveva ammesso i suoi limiti nei
confronti del potere del Signore delle Tenebre. Eppure il
riposo che seguì ristorò anime e corpi degli avventurieri,
che con coraggio ed abnegazione si portarono oltre. Il corridoio
cieco che dava accesso alle tombe fu esaminato dall'abile
Rhasko, che rinvenne un passaggio segreto. Il passaggio
che avrebbe portato l'eterogeneo gruppo ad affrontare le
viscere più profonde e segrete della tomba di re
Aghel, l'ultimo sovrano di Minrothad.
Parte Terza - Morte di un Re
Il gruppo non aveva dunque più scelta. Dopo la serata precedente, tutti erano pervasi da una profonda inquietudine. Tuttavia era necessario andare avanti! La sera prima avevano trovato una porta segreta, probabilmente nascondeva un passaggio verso una zona segreta del labirinto. Tuttavia, grattandosi la barba Golthar disse : "Non credo dovremmo lasciarci luoghi inesplorati alle spalle. E' vero anche che la porta da aprire nasconde un'incognita ed un possibile combattimento. Io dico però che è un rischio che dobbiamo correre. Rhasko, verifica se la porta nasconde insidie e se non ne nasconde, entriamo nella tomba inesplorata. Per la porta segreta c'è tempo."
Anche dietro la seconda porta vi era una tomba. Le pareti illustravano attraverso accurati affreschi ancora vivi nel colore, scene di corte in cui un giullare divertiva re, regina e cortigiani. La bara non era però al centro della sala come nel caso precedente, ma appoggiata in verticale al muro di fronte all'ingresso. Quattro giare alte e di piccolo diametro erano poste ai quattro angoli della stanza. La bara era sicuramente all'interno di un sarcofago esterno che rappresentava un uomo con una barbetta rada e con un cappello con molti pendagli, vestiti da giullare e scarpe di pezza a punta lunga. Sparsi per terra diversi resti di ossa probabilmente umane formavano un inquietante semicerchio attorno alla bara medesima. La stanza non presentava altre porte oltre quella di ingresso.
La curiosità degli avventurieri alla fine ebbe la meglio sulla prudenza. Il sarcofago contenuto nella stanza infatti, altro non era che il luogo dove riposava una Mummia, che animata da chissà quale forza necromantica, si alzò ed attaccò il gruppo.
Syrio vide il non morto muoversi prima lento poi più
rapido e pericoloso. Per un attimo una sensazione di terrore
lo pervase, e sentì il bisogno di fuggire lontano! Ma quasi
subito si riebbe, riprendendo il controllo di sè e delle
sue facoltà. Impugnò saldamente il simbolo del divoratore,
un teschio privo della mascella inferiore, ed invocò Tetranor
: "Torna nel tuo abisso, affinchè la tua anima sia nutrimento
del mio Signore, e il tuo corpo riposi in eterno come dev'essere
nei secoli dei secoli. Torna al tuo stato, poichè sei defunto
e la non morte non ti compete più. ORA!"
Anche Roger seppe reagire a quell'orrore. Una MUMMIA
semovente! Se non l'avesse visto con i suoi stessi occhi
non ci avrebbe mai creduto! Per un attimo un brivido gelido
suggerì alle gambe del guerriero di fuggire dinanzi ad un
simile abominio! Ma la sua tempra fu più forte, Roger resistette
a quella tentazione, e senza attendere oltre roteò la sua
spada Bastarda per tagliare in un sol colpo la testa dell'orribile
mostro.
Lo Scontro
Immediatamente i guerrieri del gruppo affondarono i colpi sulla mummia. Ailree scagliò una freccia, poi si rese conto che era impossibile tirare senza rischiare di colpire i compagni. Esya e Roger affondarono il corpo a corpo. Intanto Jeremy e Alyssa si erano dati alla fuga, e Kevin si era rifugiato in un angolo. Syrio e Jasmine tentarono di scacciare il mostro ma senza successo, infatti la mummia continuò ad avanzare proprio in loro direzione. Rhasko accese una torcia e gattoni si avvicinò al mostro, con l'intenzione di dare fuoco alle bende.
Niente. Alla mummia non parve interessare minimamente cosa il servo di Tetranor le ordinava. Forse era semplicemente sorda, e non poteva udire le parole del Sacerdote, o forse era semplicemente cieca e non riusciva a percepire il potere del ciondolo di Tetranor. Poco male, pensò il chierico, il suo martello avrebbe assaggiato il corpo del mostro. Ma all'improvviso accadde una cosa incredibilmente strana.
Jasmine: "Syrio, lascia che la mia
aura ti protegga, non attaccare il mostro, e lui si fermerà.
Egli non ha il potere di penetrare la protezione di Alphatia!"
Syrio: Incredibile. Una sacerdotessa della
concorrenza tentava di proteggere Syrio dalla furia devastatrice
della mummia. Ma cosa credeva quella stolta? Che il sacerdote
avesse bisogno veramente del suo patetico aiuto? Uno sguardo
misto tra il torvo ed il deridente trapassò la sacerdotessa
bianca, ma fu un attimo. Quello successivo Syrio era già
addosso al fetido ammasso di bende ammuffite, pronto a squartarlo
nuovamente, come quando ai suoi tempi, era stato privato
delle interiora per conservarsi così fresco nei secoli.
Alla fine, Rhasko ebbe la migliore delle idee, e incendiò le bende della mummia. Il fuoco ne divorò rapidamente il corpo stagionato, e la mummia fu sconfitta. Il gruppo aveva così superato un altro ostacolo, e si preparava a passare la porta segreta che li avrebbe portati ad un nuovo livello. Ma prima il gruppo avrebbe raccolto il frutto della sua vittoria.
Selian si Unisce al Gruppo!
Jasmine si avvicinò al sarcofago, oramai privato del corpo. Il fondo della bara era scavato a forma umana, e sebbene al posto del corpo vi fosse una cavità vuota, al posto delle braccia Jasmine trovò due mazze da battaglia dal manico di frassino stagionato e finemente lavorato e dal corpo metallico di color argento intenso. Le mazze avevano incise sopra rune particolari, erano leggere e ben bilanciate. Sul fondo, all'altezza dei polpacci, vi era uno splendido scudo, rappresentante un grifone nell'atto di spiccare il volo, disegnato in color oro con occhi e contorni rossi, su sfondo argentato. Non vi era altro nel sarcofago.
Nella stanza due curiosità, che il gruppo avrebbe dovuto soddisfare: Golthar sembrava completamente scomparso, mentre una presenza umana, dal manto scuro e dai capelli corvini, era apparso improvvisamente. I più attenti tra gli avventurieri riconobbero il misterioso uomo che sin da Specularum aveva effettuato insieme a loro la traversata verso le gilde di Minrothad.
Le Finte Tombe Reali
Dopo le presentazioni, il gruppo affrontò il passaggio segreto. La scala scendeva verso il basso. Odore di terra bruciata e vapori sulfurei si faceva sempre più sentire. La temperatura stava salendo rapidamente. Ad un tratto il gruppo raggiunse una ampia porta a due battenti, APERTA, che dava su una sala splendida, di forma esagonale. La sala non aveva porte, ma al centro aveva due splendidi e grandi sarcofaghi posti in orizzontale. Dietro i sarcofaghi cinque forzieri decorati erano in bella mostra. Le pareti erano finemente decorate con affreschi rappresentanti la vita di corte, scene di caccia, cerimonie pompose. Due umani, un uomo ed una donna, erano rappresentati nelle varie scene con differenti abbigliamenti. In una scena erano rappresentati seduti su due splendidi troni, bardato con manto, corona e scettro. Di Golthar non vi era ancora nessuna traccia.
Il primo sarcofago era scolpito in una roccia argillosa. Rappresentava una nobildonna nell'atto di benedire, con nella mano sinistra un ricco scettro e sul capo un diadema tempestato di gemme. La scena era accuratamente dipinta con colori ben amalgamati e tuttora vivi e freschissimi, come se non avessero minimamente subito le ingiurie del tempo. In vicinanza del sarcofago il calore si faceva quasi insopportabile, anche per i più abituati, e questo valeva particolarmente per chi indossava le pesanti corazze metalliche, come chierici e guerrieri.
Syrio alla fine aprì il sarcofago, Il cui coperchio cadde pesantemente a terra, scoprendo un ben più umile contenitore di forma umana, di legno rozzo e a mala pena levigato, senza alcun disegno nè decorazione.Il luogo era stranamente troppo macabro e troppo rozzo per essere la tomba di un re, di questo tutti potevano facilmente convenirne... Ma Anche la seconda tomba conteneva solo un corpo avvolto in un sudario spesso
e malconcio. Nessun segno di regalità su di esso! La stanza che era apparsa essere la tomba dei re e della regina, si rivelò dunque una finzione!
La Tomba di Akbaar
Ma gli avventurieri non si fermarono; trovarono facilmente
una muro che chiudeva un altro passaggio, e con coraggio
lo affrontarono, alla ricerca della vera tomba reale. Il
gruppo dunque riprese il cammino, scendendo lungo il poco
ripido pendio. Dopo qualche minuto, esso finì di scendere,
ed un corridoio ora più ampio e luminoso, grazie a molte
torce illuminate da una luce intensa e senza fumo, li portò
direttamente ad una porta di roccia finemente lavorata e
disegnata con colori vivaci e scene di corte. In caratteri
elfici era scritto: "RE AKBAAR"
La porta era socchiusa, e all'interno un suono melodioso e sommesso pareva udirsi.
Una caverna molto grande, dai confini sfumati e incalcolabili, si aprì di fronte al gruppo di attoniti avventurieri. La caverna era a forma concava, e dopo una iniziale depressione in discesa verso il centro della medesima, si stabilizzava in un pianoro dove piante rade e verdognole parevano fare
breccia sulla nuda roccia argillosa. Là, in mezzo alla caverna, seduto con le gambe incrociate, il capo chino di entrambe le braccia strette intorno al nodoso bastone, stava Golthar, Anurièn, il Signore del Tuono, penultimo fra gli eletti, i Signori dell'Ordine. Pareva in meditazione, ma i più sensibili poterono intuire che la sua era invece disperazione. Di fronte a lui una tomba riccamente adornata, un sarcofago in pietra
tempestata di gemme adamantine, era protetto da una specie di cortina nebulosa semitrasparente, di colore rossastro, come quello che un tramonto di sole rosso disegna sulle placide acque di un lago. Il gruppo ristette, osservando la scena, non comprendendo appieno la situazione. Solo una sensazione di grande calore e fatica a respirare, causata da una altissima umidità, li scosse da quel silenzio e torpore, e li
portò in qualche modo ad agire...
L'atteggiamento di Golthar comunque infastidì Rhasko,
che non capiva del tutto la situazione. Certamente erano
giunti in una zona del sotterraneo di vitale importanza,
forse la tomba del Re in persona, quella autentica. Golthar
aveva già accennato a parecchi pericoli siti in quel luogo,
tuttavia non riusciva ben a comprendere la motivazione del
suo sconforto. Dal momento che nessuno dei compagni più
titolati di lui per farlo lo chiedeva, si avvicinò lui al
mercante, per chiedere lumi. "Ser Golthar" disse con un
lieve inchino, "non sarebbe il caso di mettere a conoscenza
anche noi comuni mortali della difficoltà che stiamo per
incontrare? almeno se dobbiamo soffrire, mi piacerebbe sapere
di quale morte... dobbiamo morire."
"Hai ragione" rispose Golthar alzandosi in piedi, faticosamente. "Dunque ecco cosa ho scoperto. Mentre combattevate con la mummia, io vidi con la coda dell'occhio un Signore delle Tenebre giungervi alle spalle. Utilizzai le mie capacità per fermarlo e ricacciarlo indietro, e lo seguii lungo il corridoio della porta segreta, fino a qui. Il Signore delle Tenebre passò da quella cortina, mentre io non lo feci." sospirò.
"Non potei farlo. Se un'entità non riconosciuta oltrepassasse
la cortina, sia esso io o uno chiunque di voi, risveglieremmo
l'anima di Akbaar. Egli non è il re di questa antica civiltà,
Akbaar è un demone di uno dei nove cerchi infernali.
Se venisse evocato, nessuno potrebbe conoscerne le conseguenze."
fece un altro sospiro poi concluse: "Il problema è che il
Signore delle Tenebre stringeva in pugno l'oggetto che sto
cercando con tanto desiderio. Ma l'ha portato con sè. Per
prenderlo bisognerebbe passare la cortina, e noi non possiamo
farlo. La missione è dunque ad un punto di stallo... Non
ho il coraggio di passare la cortina e ovviamente nessuno
di voi può farlo. La missione è fallita."
Eppur si Passa!
Ma la incredibile tempra di Syrio, il chierico oscuro, pareva
non sentire ragioni. Par nulla intimorito dalle rivelazioni
dello stregone, gli disse, sprezzante, mentre esaminava
la strana barriera: "Vecchio, non mi pare davvero sia
difficile superare questo nebbiume. Credo sia sufficiente
passare al di là, quindi non vedo cosa ci impedisca di farlo!"
Syrio fece un passo nella nebbia, e aggiunse: "Non siamo
giunti fino a qua per tornare a mani vuote, vecchio. Se
vuoi seguirmi puoi farlo, se preferisci rimanere là a piangerti
addosso fai pure. io vado." E così dicendo, con passo deciso,
il sacerdote di Tetranor scomparve nella nebbia.
Prima che Golthar potesse rendersi conto di quello che stava facendo Syrio, il chierico oscuro oltrepassò la barriera, scomparendo al suo interno. Subito dopo Roger lo seguì. Golthar schizzò in piedi con aria sbigottita. "Pazzi! Pazzi! Perchè lo avete fatto!"
Poi riprendendosi si rivolse al resto del gruppo: "Stiamo uniti, organizzate una formazione, i guerrieri avanti, i chierici ed i maghi al centro. Jeremy e Rhasko copriranno l'eventuale ritirata con gli archi. Presto, andiamo insieme a Roger, non possiamo lasciarlo solo, poichè non c'è da credere che il chierico lo potrà proteggere dal flagello che lo attende!" quindi rivolto a Roger, sperando che potesse sentirlo: "Roger aspetta, veniamo tutti, entra nella formazione insieme a noi, sarai più protetto sia tu che tutto il gruppo!"
Kevin: Syrio come suo solito fece di
testa sua ed entrò nella nebbiolina,attraversandola.Fu seguito
anche da Roger ma fatto strano fu che il guerriero rimase
visibile mentre Syrio pareva essere scomparso...Kevin osservò
la scena senza far nulla,non avrebbe di certo fermto il
chierico oscuro.Ma non voleva nemmeno che però la sua morte
fosse merito di Syrio. Così Kevin guardò Golthar e gli disse"
Se è un'impresa così disperata, perchè ha preso proprio
dei novelli come noi e non si è cercato un gruppo molto
più esperto? Pensava forse che le sarebbe costato troppo?
Io voglio aiutarla,Golthar. Ma per una cosa alla mia altezza.Io
non voglio rischiare la mia vita lottando una battaglia
gia persa, fin dall'inizio." E non diede cenno di volersi
metter in ordine con gli altri. Rimase lì,attendendo risposte.
"Non c'è tempo, ne va della vita dei vostri compagni! Vuoi sapere se c'è una speranza? C'è sempre una speranza! Ma essa è legata ad un sottile filo, che si può chiamare UNIONE! Le forze di tutti noi insieme ci danno una speranza! E se vuoi sapere se so cosa troveremo là dentro.. Beh, non lo so! Non è una situazione sotto il mio controllo! Tuttavia non ho intenzione di tirarmi indietro, Syrio ha deciso per tutti noi, ed io non lo abbandonerò, sebbene non sia uno stinco di santo! Se tu vuoi abbandonarlo e rimanere qui ad aspettare, fai pure. Ma non credere che se dovessimo soccombere, chi ci sconfiggerà risparmierà la tua vita. Verrà qui e ti darà ciò che ti sei meritato con la tua vigliaccheria." Detto questo senza attendere le repliche di Kevin procedette!
La Tomba del Protettore
Al di là della fitta nebbiolina giaceva il sarcofago di un principe o re. Dipinto sul frontale del sarcofago infatti vi era un uomo in vesti regali e con una corona in testa. L'uomo però non era raffigurato in carne, ma con il volto e le dita scheletriche, come se fosse stato riprodotto dopo la decomposizione della carne.
Un suono simile ad un lieve ululato fece breccia nei cuori e nelle menti degli avventurieri, che non poterono evitare di sentire un brivido di terrore. Ma nessuno cedette, e la formazione rimase intatta.
Roger entrò in formazione con i compagni, permettendo così a Jasmine di passare in seconda linea, dietro Alyssa ed accanto a Kevin. Di Syrio nessuna traccia!
Il fondo della caverna non si vedeva, era molto profonda. Dietro il sarcofago, una specie di fiume sotterraneo scorreva lentamente per vie orizzontali, ad unire i due estremi della caverna da destra a sinistra. Il fiume passava da piccole aperture poste alle rispettive basi delle pareti di roccia. Era ampio e per passarlo si doveva guadare. Al di là del fiume si intravedeva non molto chiaramente un alto obelisco posato su una piattaforma di roccia lavorata e liscia.
Legolas l'Elfa
Poi qualcuno o qualcosa parve passare il fiume. A molti venne in mente Syrio, ma nessuno lo poteva vedere. Come le acque del fiume sotterraneo vennero smosse, come per incanto il panorama mutò completamente. Il fiume in realtà separava la zona funeraria da una zona anteriore, ed ora era ben chiaro che dopo di esso, vi era un alto obelisco nero, probabilmente costruito in pietra di ossidiana , che si stagliava verso il cielo. L'obelisco emanava una strana aura di malignità.Poi improvvisamente iniziò a pulsare come se avesse vita, ed alla base fu evidente il contorno di un pentacolo demoniaco di color rosso fuoco.
Frattanto Rhasko, incurante dei rischi, aveva aperto il
sarcofago. All'interno, un uomo mummificato ma privo di
bendaggi, bensì con la pelle ed il corpo vestito da guerriero,
il volto fresco sebbene asciutto, gli occhi chiusi, sereni.
Vestiva una corazza di piastre lucente ed una bardatura
da combattente. Nella mano destra, incrociata sul petto,
stringeva un martello da guerra dal manico tempestato di
piccole gemme, nella mano sinistra uno scettro rilucente
dell'oro bianco che chiamavano platino. Poggiato ai suoi
piedi uno scudo splendido, grande, dalla forma oblunga,
alto fino all'attaccatura delle cosce, con simboli che ricordavano
una fenice nell'atto di spiccare il volo, nero il colore,
rosso lo sfondo. Una grande sensazione di rispetto pervase
il gruppo. Intanto l'obelisco prendeva vita, e presto
un'immagine di una giovane elfa vestita delle sue armi ed
abiti da viaggio, immobile come pietrificata, si materializzò.
Due eventi contemporanei e così strani e differenti, apparentemente senza alcun collegamento fra loro.
Il Risveglio di Eleres
Rhasko afferrò lo scettro in mano al cadavere, tirandolo con forza. Ma non fu possibile strapparlo dalle mani del defunto, che sembrava lo tenesse a sè con sempre maggiore forza! Ad un tratto gli occhi chiusi si aprirono, mostrando due pupille azzurre come il mare più limpido ed uno sguardo severo ma nel contempo composto. Una voce profonda ma molto, molto chiara, disse a Rhasko:
- "Lascia ciò che non è tuo. Non è bene trafugare i tesori dei defunti."
Esya si avvicinò a Rhasko
e gli posò una mano sulla spalla. "Lascia quello scettro
dov'è Rhasko..." gli disse non guardando nella tomba, come
aveva detto Alyssa. "Sarà splendido, ma non mi pare il caso
di attirare le ire dei morti per un gioiello..."
Ma Rhasko non ne voleva sapere, e continuò imperterrito
a tirare lo scettro verso di sè. "Tu non vuoi che prenda
il tuo scettro! Ma dimmi cosa se ne fa una mummia come te
di uno scettro così bello? Dammelo, te tanto non serve più!"
Un lampo di follia parve passare negli occhi del giovane,
che oramai pareva aver completamente perso il senno.
L'essere misterioso non fu clemente alle parole di Rhasko. Con un semplice gesto degli occhi, quasi impercettibile, allontanò il giovane, come se una forza invisibile e misteriosa lo avesse spinto via con grande facilità, ma ne contempo con dolcezza. Quindi l'essere si mosse, imbracciò lo scudo ed impugnò lo scettro, che parve ora diventare una mazza da guerra, di grande eleganza e splendore.
L'essere era ancora più imponente ora che si era mosso e liberato del sarcofago.
"Tu non hai alcun rispetto per i morti, giovanotto, e questo non è bello!" disse.
"Tu non hai alcun rispetto per i re, e questo non è bello!" aggiunse.
"Tu non hai rispetto per nulla, ragazzo, e devi imparare! In ginocchio di fronte alla salma di un re!"
Una luce fortissima ed abbagliante scaturì allora dallo scudo dell'essere, costringendo in ginocchio non solo Rhasko, ma tutti i membri del gruppo. L'unico a non inginocchiarsi fu Golthar, che cominciava visibilmente a dare segni di spazientimento.
Con rispetto prima Kevin e poi Alyssa si rivolsero allora al re risorto, chiamandolo Akbaar. Ma evidentemente questo essere nulla aveva a che fare con il demone nominato da Golthar, ed infatti rispose, educatamente e dopo aver lasciato scemare la luce accecante:
"Non mi chiamo Akbaar, elfa, bensì Elerès, Elerès di Thanivòr. Questo era il nome scandito dai miei sudditi,
tanti anni fa. Il nome a cui tu mi hai fallacemente abbinato è quello di colui che mi uccise, usurpando il mio trono e condannandomi alla non vita." sospirò. "Sento un potere forte qui, un potere crescente. Colui che mi
esiliò non è lontano da qui, ma anzi è più vicino di quanto possa immaginare." L'essere era stato evidentemente un umano, tutto il suo equipaggiamento era lucido e perfettamente efficiente, come se il tempo non ne avesse potuto scalfire la maestosità ed il potere. Parlava la lingua comune, ma l'infressione dell'accento era chiaramente elfica. Si voltò verso l'obelisco, ed il suo viso scarno si rabbuiò. Il fiume era nuovamente immobile, e l'elfa dall'altra parte di esso sempre immobile come
paralizzata. Con passo cadenzato ma deciso, l'essere luminoso iniziò a muoversi alla volta del fiume, disinteressandosi completamente del gruppo. Golthar arricciò il naso. Disse semplicemente: "Non possiamo ostacolarlo, e non è il caso di farlo. Ma se Syrio ha passato il fiume, ora ne pagherà le conseguenze."
Limbo!!!
Ed infatti Syrio, come Golthar aveva supposto, si era avvicinato all'obelisco abbastanza da comprenderne il funzionamento. Il monolita emanava una energia magnetica che minava le zone cerebrali relative al movimento ed alla comprensione dello spazio, e quello doveva essere il motivo per cui l'elfa che era capitata nel suo raggio d'azione ne era rimasta bloccata. Syrio vide alcune iscrizioni, ma non riuscì a decifrarle. L'obelisco appariva come una cosa viva, pulsante, forse fungeva da catalizzatore per qualche energia particolarmente distante. Sempre protetto dalla sua invisibilità, il chierico di Tetranor si avvicinò ancora un poco. Ma improvvisamente una sensazione di pericolo lo avvertì. Si voltò repentinamente, e fu allora che vide cosa i suoi compagni avevano combinato. Un uomo armato di una strana mazza e di un grande scudo si dirigeva verso il guado del fiume, a passo lento. *Idioti!* ebbe a pensare il sacerdote oscuro, mentre rapidamente cercava di studiare un piano per sfuggire a quel guardiano.
Fu allora che Golthar perse definitivamente la pazienza. "FERMATI ELERES!" tuonò la sua voce in quel silenzio. "Chi ti parla è Anurièn, giovane re, ci conoscemmo al tempo delle guerre con gli Elfi dell'Ombra, e combattemmo fianco a fianco." L'essere si fermò. "Elerès, non comportarti come un bimbo in fasce che svegliato di soprassalto si precipita a cercare il colpevole ed urla. Sappi che uno dei miei seguaci
ha avuto l'ardire di passare il fiume, nonostante non gli fosse permesso. Ma egli non ha voluto infrangere la tua autorità nè il tuo veto, ha semplicemente agito d'impulso. Sii clemente, non abbattere la tua furia su
di lui per questo." Golthar pareva convinto delle sue parole. Elerès si voltò e lo guardò intensamente. "Elerès, il tuo volto segnato dalla sofferenza è per me motivo di grande angoscia. Tuttavia non credo che il tuo e mio nemico sia ora qui. Egli è lontano, e probabilmente irraggiungibile, ma ha lasciato qui i suoi servi,
con il compito di proteggere un grande artefatto che è stato sottratto al Bianco Custode. E quell'artefatto deve tornare alla bianca Torre, sull'isola nascosta. Lo capisci questo, vero? Mi aiuterai nell'impresa, Elerès?"
Jasmine lesse negli occhi del compagno Ailree
uno stupore senza eguali. Lo guardò e gli disse, con un
tiepido sorriso: "Non stupirti delle cose degli Stregoni,
guerriero. Loro non sono solo dei grandi maghi, ma anche
dei grandi studiosi, e conoscono meglio di tutti noi le
ere passate e le grandi civiltà. Probabilmente il nostro
mandante ha studiato la storia di questo popolo prima di
imbarcarsi nell'avventura, e sa dire le cose giuste al momento
giusto. Bisogna certo vedere se si può ragionare con un
essere risuscitato, se il suo cervello è ancora avvezzo
ai sentimenti della pietà, del rispetto, e se è in grado
di discernere il bene dal male... Ma questo lo sapremo tra
poco. Sicuramente da come è vestito ed attrezzato, questo
doveva essere un gran sacerdote del Grifone, che è animale
sacro per molti popoli e per molti culti, ed in genere è
un animale buono."
Jasmine non aveva voluto fare sfoggio di saggezza, ma solo
cercare di rincuorare il compagno che pareva essere frastornato
dagli eventi, permettendogli così di vedere le cose con
una maggiore lucidità.
Elerès rispose dunque a Golthar: "Anurièn , Signore del Fulmine, così suona il tuo nome nella nobile lingua degli Elfi. E grande è quel popolo, che tanto ci ha insegnato nel tempo!"
"Anurièn, tu sai che è vietato oltrepassare il fiume senza il permesso del custode. Tu sai che io sono il custode, condannato a questo maledetto ed infame compito dal maleficio del Demone Akbaar, secoli e secoli addietro."
"Io non mi occupo più da tempo delle cose di questo mondo. Tuttavia qui siamo nel limbo, una via intermedia tra la terra che tu vuoi proteggere con i tuoi artefatti e quelle lontane degli altri piani. Fino a che lo scontro si giocherà qui, io potrò esserti d'aiuto, e lo farò in nome della vecchia alleanza ed amicizia che ci legò, un tempo molto lontano oramai. I miei occhi non vedono più chiaro come un tempo, Anurièn, ma forse tu puoi permettere a questi giovani che ti seguono in questa impresa disperata di presentarsi a me. Che io possa sentire dalla loro voce la fermezza dei loro intendimenti e la fedeltà che essi ti portano."
"Elerès ha parlato."
E dalle parole del grande re il gruppo comprese inequivocabilmente quello che era stato fatto. La cortina di nebbia delimitava il confine tra la dimensione reale ed il Limbo, anticamera dell'inferno. Confine che una volta passato, non aveva via di ritorno. Ecco perchè Golthar non aveva voluto farlo subito. La dimensione infernale era misteriosa e differente da quella reale, nessuno di loro, nemmeno Golthar, la conosceva.
Gli avventurieri uno ad uno, si presentarono, ed Elerès ne fu felice. Ma il peggio stava per capitare.
Scontro Titanico
Mentre le presentazioni si succedevano una dietro l'altra, improvvisamente un boato di discreta intensità venne dalla zona dell'obelisco. Syrio, visibile a tutti, venne scagliato in terra in direzione del fiume, e l'elfa che pareva paralizzata, parve risvegliarsi, dando chiari segni di ripresa di coscienza. L'obelisco cessò di pulsare, dalla sua zona centrale si aprì una porta che non si era assolutamente vista prima, e iniziarono ad uscirne una serie di esseri dalla pelle scura e dai capelli bianco grigiastri, vestiti con abiti normali ma consunti dal tempo, ed armati di lunghe ed affilate spade.
Essi iniziarono a muoversi con passo lento ma deciso in direzione di Syrio. Il chierico oscuro allora esplose tutta la sua rabbia ed il suo potere, che era grande.
"ARAKMANAAHM KHRANTRYIAAN AKBAAR!"
Le parole di rabbia e furore esplosero come un tuono
dalle labbra di Syrio, Sacerdote dell'Ombra, mentre il suo
corpo veniva martoriato dalla forza inconsulta sprigionata
da un potere che non apparteneva a quel mondo.
"IL DEMONE SI RISVEGLIA, MA EGLI NON VINCERA'! NON
E' IL TUO MONDO QUESTO, E DA QUI SARAI BANDITO!"
Syrio appariva a tutti come un folle, pareva aver preso
il lume della ragione. Alzò lo scudo verso il soffitto della
caverna, quindi pronunziò oscure parole sacre in direzione
degli elfi oscuri che l'obelisco partoriva. "Che le vostre
anime sprofondino per sempre nelle tenebre degli inferi
che vi hanno vomitato, maledetti! Il Divoratore attraverso
me ve lo comanda!"
Una luce nera ed intensa, quasi a mostrare la tenebra
più fitta, esplose dallo scudo e si infranse sui corpi degli
Elfi avanzanti, distruggendone un numero considerevole.
Ma nonostante questa eccezionale azione di Syrio, il numero
dei nemici era ancora alto. Il sacerdote allora disse, voltandosi
verso il gruppo, con occhi vivi, che vomitavano ghiaccio
e freddo:
-"NON PASSATE IL FIUME! NON PASSATELO! IO SONO CONDANNATO,
MA VOI POTETE ANCORA TORNARE INDIETRO!!"
Quindi voltandosi ancora verso il nemico, impugnò saldamente
la mazza da guerra e lo scudo, dicendo, a voce più bassa
ma udibile, dati gli spazi ampi di trasmissione del suono
là dentro: "Per voi, scarti di elfi, basto io. Nessuno di
voi rimarrà in piedi, questa è una promessa!"
La rabbia di Roger esplose in modo totale.
Non poteva sopportare di lasciare un compagno affrontare
il nemico da solo!
Roger scagliò il suo primo giavellotto, l'asta sibilando trafisse il collo di uno degli Elfi scuri, che stramazzò al suolo, abbattuto.
Caricò ancora il secondo giavellotto, il lancio però stavolta fu difettoso, l'asta si inarcò beffardamente in aria ricadendo sì sul corpo di un nemico, ma di piatto, infliggendo praticamente solo un lieve colpo e non procurando alcun danno.
*GRUNF!* Roger sbuffava. *Non morirai da solo, Syrio, io sarò al tuo fianco!*
Estrasse repentinamente la spada, si voltò verso Esya ed Ailree, gli altri guerrieri del gruppo. Pose la spada di fronte al suo viso con il piatto della lama, e la punta verso l'alto, un saluto tra cavalieri dei tempi passati, quando l'onore era ancora dominatore assoluto del mondo conosciuto. Li salutò, forse per l'ultima volta. Poi, imbracciato lo scudo, con un urlo rabbioso Roger O'Brian si gettò nella sua forse ultima, selvaggia, coraggiosa carica.
Ailree aveva ripreso il suo
arco dalle abili mani di Rhasko e scagliate due frecce,
colpito i nemici, uno dei quali era caduto a terra esanime,
ma ancora non bastava...Syrio era ancora attorniato da una
moltitudine di elfi oscuri. Improvvisamente Roger si rivolse
ai compagni guerrieri in segno di saluto e si lanciò nella
mischia lanciando uno spaventoso grido di battaglia, anche
Esya lo seguì. Ora Ailree si chiedeva cosa fosse giusto
fare. Era l'unico guerriero non ancora entrato in corpo
a corpo, ma è vero anche che gli altri erano stati costretti
a farlo dalla mancanza di attacchi a distanza...Per alcuni
istanti rimase imbambolato, poi...*Nessuno sfugge al proprio
destino...* posò l'arco magico e le frecce d'argento a terra
gridando "Rhasko usalo tu ora e se non torno abbine cura!"
poi sorrise sfoderando la spada *l'anima del guerriero non
si estingue mai se muore con onore* e scudo alla mano si
lanciò al seguito dei compagni guerrieri, forse per l'ultima
volta.
Kevin vide che la situazione era davvero
tragica.Tutti i guerrieri si mossero seguendo la loro indole,carichi
e irosi grazie all'infervorare della battaglia. Lui,di certo
non poteva gettarsi in mischia,e purtroppo anche le sue
riserve magiche erano al limite... E contro quegli esseri,
avrebbe funzionato? Non c'era tempo per tentennare,doveva
almeno tentare. Per quello scorbutico chierico che più volte
gli aveva salvato la vita." Te lo devo Syrio". Kevin si
mosse dalla sua posizione,quindi alzò le mani verso l'alto,sbriciolando
tra le dita due petali di rosa...quindi salmodiò "Ast tasarak
sinuralin krynawi" e protese le mani dinnanzi a sè,in direzione
degli esseri scuri...Ma nulla accadde. Kevin si lasciò demoralizzare
un attimo ma l'attimo dopo era gia pronto,impugnando i suoi
pugnali,l'ultima opportunità di difendere i suoi compagni...
Intanto Golthar osservava attento l'evolversi della situazione. Il suo sguardo acuto puntava quasi costantemente l'obelisco di ossidiana, ma non potè comunque non notare il gesto di Roger, e subito dopo quello di Esya.
*Nonostante le parole ammonenti di Syrio non hanno esitato. Nonostante il sacerdote sia duro da digerire, lo aiutano.*
Un sorriso malcelato increspò il volto improvvisamente invecchiato del mercante.
*O sono pazzi, completamente pazzi, oppure hanno un coraggio ed un senso dell'onore rari a trovarsi in questi tempi. Ho scelto bene la mia truppa. Sì, l'ho fatto.*
Lo Scontro Continua
Eppure lo scontro pareva non aver fine. Con la forza della disperazione il gruppo aveva distrutto tutti i Drow, ma l'obelisco pulsava ancora. Dopo non moltissimo, senza dare riposo e tregua agli avventurieri, esso "vomitò" un Signore delle Tenebre, del tutto simile a quello incontrato nella sala della Mummia. Forse persino il medesimo. L'essere fece dei movimenti repentini con le sue mani scheletriche e salmodiò parole misteriose in una lingua sconosciuta persino a Syrio.
Dopo pochi secondi, le spade dei drow appena uccisi, iniziarono nuovamente a ferire. Lo scontro riprese e con alterne vicende, si concluse a favore dei provati avventurieri. Ma ora il pericolo non era più portato da un nugolo di Elfi scuri non morti, bensì da un Signore delle Tenebre.
Lo sconcerto dominava ora il gruppo, vittorioso contro una schiera di non morti ma anche sul punto di affrontare un nemico molto più complesso e potente. Un Signore delle tenebre, non meglio identificato.
Già una volta il gruppo aveva affrontato quel tipo di nemico, e solo la fortuna e l'astuzia avevano permesso agli avventurieri di sopravvivere, grazie ad uno stratagemma legato a luce e vita. Ma là, in un luogo dimenticato dal mondo, come potevano sconfiggere la fiamma oscura del non cerchio infernale! Sì, il nono cerchio, il più profondo, da là proveniva Akbaar, il demone abissale che risorgendo dalle ceneri della sua stessa stirpe bramava la conquista di Mystara e del mondo dei vivi, per pascersi così di sangue caldo e anime limpide e pulsanti di vitalità!
Golthar avanzò fino alla riva del fiume, e si mise accanto ad Elerès. Gli disse semplicemente: "Questa forse è la tua battaglia, Elerès, non certo la mia. Se hai memoria del tempo passato e se la forza che fu tua non è perduta, allora puoi affrontarlo. Loro non lo possono, nonostante il coraggio che hanno fin qui dimostrato. La loro lealtà non è in questione, ma non trovo alcun senso nel sacrificare le loro vite in un combattimento senza speranza. Con te al loro fianco, una speranza c'è, e forse anche qualcosa più di essa."
Elerès non rispose nemmeno a Golthar. Semplicemente aprì gli occhi, sfavillanti di un azzurro profondo e pieno di calore e dolcezza, ed estrasse dal fodero ingioiellato la sua lunga spada. Rune elfiche erano incise su di essa, rune antiche che raccontavano un'intera storia. Eppure chi poteva comprendere l'elfico, oltre agli elfi stessi, poteva leggere solamente "Thanivòr". La spada sfavillò nonostante la scarsa luce di quel luogo, quindi Elerès imbracciò l'ampio scudo torre, e muovendosi più rapidamente di quanto non potesse sembrare possibile, si avvicinò al nemico, fronteggiandolo a pochi metri, facendosi varco tra i membri del gruppo.
Ora, forse già accesi dal coraggio infuso dalla divinità invocata da Jasmine, ma più probabilmente riempiti di orgoglio e coraggio per la presenza tra loro del grande re del passato, il gruppo trovò ancora più forza, mentre le ferite di tutti loro si rimarginavano con una rapidità impressionante! Il potere del Paladino era così alto e così superiore alla normale magia degli uomini e degli elfi, che la cura di tutte le ferite di tutti loro fu quasi immediata!
Ma non era sufficiente. Con la saggezza di un grande condottiero, egli parlò, con voce chiara ma calda, infondendo ancor più coraggio e rassicurando corpi ed anime. Disse: "I guerrieri pensino alla frusta! Essa può essere facilmente recisa dalle lame delle loro spade! I sacerdoti e chi usa le armi contundenti, colpisca forte e preciso al centro della nuca, alle spalle del vostro nemico! Le frecce penetrino con mortale precisione il cappuccio che egli tiene sul volto. E non temete, poichè la sua spada di fiamma presto assaggerà la fredda lama di Thanivòr! Coraggio amici miei, non cedete, poichè Elerès è al vostro fianco, e Thanivòr in suo pugno. Nessun Signore delle Tenebre saprà resistere al suo potere, ed al vostro coraggio!"
E così fu. Guariti da ogni ferita, gli avventurieri come un sol uomo si scagliarono sul terribile nemico comune, e combatterono con orgoglio al seguito del grande re del passato.
MORTE DI UN RE
Viene di seguito riportata in modo integrale
la email del Dungeon Master che descrive l'epico scontro
in tutta la sua lirica drammaticità.
"Fiamma di Akbaar, arresta la tua furia, non v'è posto per te qui, nè ora nè mai!" Con queste parole Elerès ammonì per l'ultima volta il suo nemico, mentre già i giovani avventurieri agivano in contemporanea, come una vera e propria squadra, una macchina da guerra perfetta.
Il Signore delle Tenebre alzò allora l'arma infocata su Elerès, per abbatterlo con un sol colpo, un'arma terribile, che ardeva del fuoco stesso dell'inferno che lo aveva partorito. Ma Elerès vi oppose Thanivòr, la grande spada del tempo elfico, un grande tempo. Un boato scosse la caverna nell'attimo in cui le due lame si incrociarono, ma Elerès non cedette!
Intanto Ailree giungeva a segno sulla frusta, diminuendo le possibilità di vittoria del nemico, e le frecce micidiali e precise di Alyssa ne penetravano la cappa, decise a dilaniarne le cervella.
Un dardo di luce apparve e fu scagliato sul nemico, che dunque doveva subire attacchi da tutti i fronti possibili.
Elerès non poteva non approfittare di quella contingenza favorevole. La sua spada si liberò della lama di fuoco e roteò su se stessa, andandosi ad abbattere di pieno taglio sul fianco del mostro, penetrandone la corporatura gommosa fino al centro del suo essere. Un urlo acutissimo scosse nuovamente quel luogo, un urlo di dolore e disperazione, proveniente dall'anima di quell'essere così demoniaco ma anche
così disperato dalla vita che gli era imposta. Tuttavia un Signore delle Tenebre non ha più cuore, poichè esso è stato oramai divorato dal male, ed il male puro ne fornisce la forza vitale. E così egli, incurante della lama di ghiaccio che lo penetrava, colpì. La spada di fuoco vibrò un colpo memorabile, che si frantumò contro lo scudo torre di Elerès, uno scudo forgiato nelle più profonde caverne naniche, e che aveva sopportato l'ingiuria del tempo e le lame di mille battaglie. Ma il colpo inferto fu così potente e così malvagiamente desiderato, che lo scudo si crinò al centro, ed il braccio del grande re del passato cedette
per un attimo. Elerès ricadde su un ginocchio, il sinistro, mentre la spada Thanivòr fuoriusciva dal corpo evanescente del Tenebroso per rimanere stretta nuovamente nel forte braccio di quel grande uomo del passato.
Gli occhi di Elerès si chiusero per un attimo. Poi, riapertisi, rivelarono una lacrima azzurra prima lieve, come una perla, poi più lucida, mano a mano che scorreva lungo la guancia scarna. Elerès soffriva ora, poichè la fiamma di Akbaar bruciava non il corpo, ma l'anima, i più intimi recessi dell'essere, scoprendone i segreti e mettendo a nudo le debolezze dei vivi. Elerès era a terra ora, mentre il colpo di Esya andava a segno e la frusta perdeva un altro pezzo di sè. Inutile era oramai mantenere lo scudo, crinato e solo d'impaccio; Elerès lo lasciò andare rivelando nel pugno sinistro, stretto come lo era stato sin da quando Rhasko aveva tentato di strapparglielo, lo scettro Sacro, un oggetto che impugnato appariva come una mazza dalla piccola testa, oggetto rilucente, brillante, come se possedesse una luce propria. Elerès allora parlò, con voce decisa seppur ricolma di sofferenza. "Tu hai osato colpire lo Scudo di un Re, Vomito di Akbaar, ripugnante anima
di una tenebra senza fine, tu hai osato... Ah! Ma non rimarrà impunito questo gesto, non sarai salvo nè tu nè il tuo padrone, maleficio del mondo, marciume dell'universo, profonda pozzanghera di morte. A me il potere, io lo richiamo in nome di colei che tutto mi donò, e mai volle togliermi! A me!" Lo scettro si illuminò a giorno, crescendo di intensità mano a mano che passavano i secondi; poi finalmente, un lampo esplose da esso ed investì il mostro. Egli arretrò di un passo, ma non fu sufficiente. Tanto era il potere di quell'essere, tanta la sua malvagità, forte la guida che, attraverso l'obelisco di ossidiana, giungeva vicina e pressante a lui
da un altro mondo. La spada di fiamma si alzò ancora, mentre la frusta veniva distrutta da Roger O'Brian, e lui, lasciata l'arma secondaria oramai inutilizzabile, calò quella principale sul corpo di Elerès.
La fiamma penetrò, come una lama calda penetra nel burro, la limpida luce dello scettro, la penetrò fino a raggiungere il corpo del Re. Quella stessa fiamma che bruciava l'anima degli esseri, ora ne stava ardendo il corpo. Ma dalle labbra di colui che porta la luce non un solo suono venne emesso, nessun gemito di dolore o sofferenza; il cuore degli avventurieri si ricolmò di una profonda pietà per quello che un tempo era stato un grande uomo, giusto e leale, ma anche forte.Gli attimi sembravano fermarsi in quell'istante, una freccia giunse al petto del Signore delle Tenebre, ma egli non parve nemmeno sentirla. Attoniti i guerrieri, consci di aver svolto il loro compito adeguatamente, osservavano la scena, frustrati dalla loro impotenza; nulla potevano fare i maghi, nè gli arcieri, oramai espletato il loro difficile impegno. Un attimo ancora, un battito di ciglia. Poi, come dal nulla, una figura nera, avvolta in un mantello elfico si materializzò. Era la figura si Syrio, il sacerdote oscuro, che con il martello alto nel cielo, impugnato con forza dalla sua Destra, si preparava a colpire.
E lo fece, lo fece con la forza della disperazione, la forza di colui che tutto aveva perduto, ma non la ragione, quella mai. Syrio sapeva che il male rappresentato da quell'essere era nemico di tutto ciò che viveva, e lui era un essere vivente che cercava il dominio, non la distruzione. Syrio pronunziò per la seconda volta le parole di Tetranor il divoratore: "ARAKMANAAHM KHRANTRYIAAN AKBAAR!"
Il braccio cadde, al centro della nuca del nemico, o almeno nel luogo dove essa avrebbe dovuto esser posizionata se fosse stata tangibile. Un altro urlo, acutissimo, tanto che tutti dovettero frettolosamente
coprirsi le orecchie con mani e tessuti, per evitare di rimanere assordati, esplose dall'anima martoriata di quell'essere.
Un urlo, poi un esplosione. Poi più nulla. Quando gli avventurieri poterono guardare ancora, del Signore delle Tenebre non rimaneva più traccia, tranne l'elsa della sua spada, oramai senza lama, senza fiamma, ferma in terra accanto al corpo martoriato di Elerès, Signore tra gli uomini, Vicario tra gli Dei, Elerès di Thanivòr, la casata della luce, una casata di cui si erano perse le tracce, da molto tempo. Lo scontro era finito, le anime sollevate. Ma una tristezza infinita pesava sulle coscienze di quegli avventurieri, tanto forte da far capire loro che essa non li avrebbe lasciati mai più.
LE VOCI DELLA BATTAGLIA
Raccogliamo in questa parte le splendide email
originali che i giocatori spedirono a seguito di questo
epico scontro.
Roger O'Brian
La furia di Roger si abbattè sul Singore delle Tenebre! La sua spada bastarda impugnata ad una mano lottò al fianco di Ailree e Esya, per i quali lui aveva oramai il massimo rispetto. Avevano affrontato il fiume, seguendolo in un folle e suicida tentativo di sostenere Syrio. Ed avevano vinto.
Roger aveva sempre sognato di diventare un grande guerriero, di scrivere pagine epiche e di essere ricordato nelle canzoni del suo popolo e, perchè no, anche degli altri popoli. Ma mai avrebbe creduto di combattere battaglie di quella portata! Per un attimo il suo sguardo volle incontrare quello di Esya e di Ailree, avrebbe voluto dir loro che si sentiva tuttuno con essi, che la loro forza unita era un'onda di piena, che insieme formavano un gruppo quasi invincibile. Non lo disse, non ce n'era il tempo. Roger sapeva che quella sarebbe potuta essere la sua ultima battaglia, ma non gli importava, perchè al fianco aveva dei coraggiosi, e non vi era nulla di più grande per un guerriero che combattere per una giusta causa e cadere, se il destino lo avesse voluto, combattendo al fianco dei più cari amici.
Ma il destino non volle quello. Le spade dei tre guerrieri recisero la frusta del nemico, indebolendolo evidentemente, rendendolo più vulnerabile. Mentre Elerès, loro Re, lo fronteggiava con un coraggio incommensurabile, loro erano liberi di lavorarlo ai fianchi, senza essere in pericolo.
Alla fine però il nemico parve aver la meglio sul re. Roger precipitò nello sconforto, come potevano ora loro, uomini deboli e mortali, combattere contro un demone infernale che aveva avuto la forza di spegnere la luce di Elerès! Ma qualcun altro tolse le castagne dal fuoco ai combattenti. Dal nulla, come era scomparso, Syrio riapparve, e pronunziò parole incomprensibili e gutturali. Il martello di Syrio parve un maglio di rara potenza, maglio che frantumò ciò che rimaneva di vivo in quel mostro immondo. L'urlo di lui costrinse Roger a lasciare la spada per coprirsi le orecchie con entrambe le mani! Chiuse gli occhi e li riaprì poco dopo, per vedere....
Nulla! Non c'era più nulla! Solo il corpo del Re, ora disteso in un silenzio che sapeva di morte. Roger fu invaso da una profonda pietà e da una grande malinconia. Quello a cui aveva assistito e in parte vissuto sulla sua pelle, era stato forse troppo. Reimpugnando la sua spada la pose in terra dalla parte della punta, formando una croce sostenuta dalle due mani unite verso il basso come in preghiera. Poi si inginocchiò come un cavaliere d'arme. Era il suo modo per offrire un degno tributo ad un grande uomo del passato, che forse ora per sempre riposava nel regno dei suoi Dei.
Ailree
La battaglia era iniziata e di nuovi i tre guerrieri si trovavno a fronteggiare un nemico comune. Questa volta però il nemico era al di sopra delle loro possibilità, ma fortunatamente avevano dala loro parte il re Elerès che teneva testa al potente nemico. Ai tre toccava il compito di distruggere la frusta del nemico, compito pericoloso, ma alla portata dei tre. Ailree riuscì a recidere un primo pezzo della frusta infuocata, mentre gli arceri colpivano con precisione ed il re produceva il massimo sforzo nel corpo a corpo. Di lì a poco anche Esya recise una parte della frusta ed infine Roger la tagliò completamente portando a termine un compito che i tre guerrieri avevano di nuovo affrontato insieme, perfettamente affiatati. Un sorriso comparve sul volto del guerriero che sentiva di aver trovato una specie di nuova famiglia in quel gruppo di personaggi così pazzi, ma così coraggiosi.
Subito Ailree dovette tornare alla realtà perchè il Signore delle Tenebre stava avendo la meglio contro il loro condottiero...Il cuore del giovane si raggelò nel vedere la lacrima che solcava il viso di quell'uomo così fiero e potente.
La resistenza del re fu spezzata dalla lama di fuoco del nemico, ma mentre Ailree si preparava a gettarsi colmo di rabbia contro il nemico (nonostante la manifesta inferiorità) apparve Syrio che pose la parola fine alla battaglia con un potente colpo alla nuca del malvagio Signore.
Una lacrima solcò il volto di Ailree, quasi in risposta a quell'ultima lacrima versata dal re. Un profondo senso di vuoto colpì il guerriero mentre era intento a porgere al re l'ultimo saluto.
Kevin
Kevin tentò di recuperare i suoi pugnali..li trovò, uno addosso ad un elfo e l'altro a terra, a poca distanza dallo stesso.. Li raccolse e si mise al riparo, mentre i suoi compagni combattevano valorosamente. Re Elères combattè con il Signore delle Tenebre... in quegli istanti, Kevin vide il bene e il male scontrasi, nell'eterna lotta che mai nessuna delle due parti vinceva completamente..... Era come se l'aura di luce del Re si scontrasse con l'aura oscura del Signore delle Tenebre, si mescolavano quando le due spade si scontravano, quando il metallo creava scintille....Ecco una lacrima solitaria solcare la guancia del Re...quale immane dolore doveva provare Elères in quel momento.... Ma alla fine, il dolore che provò servì a farlo vincere e per questa volta, il bene trionfò sul male. Strano, dava uno strano effetto vedere un chierico devoto al male aiutare un Re pervaso e benedetto dal bene...Ma tant'è che anche questo contribuì alla vittoria del Re sul Signore delle Tenebre.
Elerès, memorabile Re, aveva dato nuovamente la sua vita per...per chi, a ben guardare? Per un gruppetto di rozzi guerrieri,principianti aspiranti stregoni, chierici alle prime armi o devoti al male... Elerès aveva nuovamente dato la sua vita per loro perchè credeva in loro. Credeva in quello strano e variegato gruppo e sapeva che con il suo aiuto,quel bizzarro gruppo ce l'avrebbe fatta. E avrebbe così potuto proseguire la sua inesorabile corsa, senza bloccare il lento scorrere del tempo,della vita, del destino che in quel minuscolo momento di vita li accomunava,tutti assieme, un tutt'uno. Molte sarebbe state le scoperte che ancora attendevano il gruppo, molte le morti, che per riuscire nello scopo comune prefissato dal gruppo, si sarebbero dovute accettare. Tutto questo passò nella mente di Kevin in quel momento e nel cuore gravava
un forte senso di sconforto,dolore. Avvicinandosi al corpo martoriato del Re, senza nessun rumore, avvolto nel nero mantello, Kevin si inginocchiò e pregò dopo molto, molto tempo.
Selian
La battaglia contro l'esercito dei drow rianimati dal potere negromantico del Signore delle Tenebre, si era conclusa a favore degli avventurieri, che ora fronteggiavano un avversario al di là delle loro
possibilità! Ma grande era il valore dell'antico re esiliato e suadenti furono le parole dello Stregone a lui indirizzate! Così, Elerès di Thanivòr, in tutta la sua regalità e prestanza, prese parte all'epica battaglia.
Arcane parole vennero sussurrate dal giovane Selian, mentre un dardo di luce cominciava a materializzarsi accanto a lui, per poi infrangersi sull'imponente figura del Signore delle Tenebre. Dopo lunghi attimi di battaglia, alla fine arrivò la vittoria... una vittoria costata all'antico re la vita, sudore e sofferenza agli ormai esausti avventurieri...
Syrio
Il manto fatato aveva tenuto Syrio lontano dallo sguardo indiscreto dei Drow zombie, e lui aveva potuto avvicinarsi furtivo al Signore delle Tenebre. Un parto di demone, una malvagità che andava oltre quella che il Divoratore apprezzava, un sentimento che non portava a nessun dominio, ma solo alla distruzione di tutto il vivente. Quello era quindi un nemico da combattere, alla pari di qualunque altro, e non un alleato da difendere.
Lo scontro iniziò, freccie, spade e arti mistiche si intrecciarono in un combattere senza sosta, senza pietà. Alla fine Elerès parve cedere, lo scontro si stava concludendo con la peggiore delle possibilità. Una volta caduto Elerès nemmeno Golthar, con il suo potere sul fulmine, avrebbe potuto arrestare l'avvento di Akbaar, demone del IX Cerchio infernale, incubo dei vivi ed anche dei morti. Syrio aveva atteso, ma ora non aveva più scelta. Il suo braccio si sollevò prima faticosamente, poi più deciso, ricolmandosi via via di una forza che proveniva dalla coscienza di fare la cosa più ovvia, e di averne il potere per farlo. Il martello colpì così con tale forza, con tale potere da far letteralmente esplodere l'anima di quell'essere in un urlo lancinante, che costrinse il chierico a lasciare andare la sua arma per tapparsi le orecchie, talmente era straziante e vicino.
Poi tutto finì; Syrio si avvicinò a malincuore al corpo di Elerès per comprendere se la sua natura di semidio lo aveva preservato da una seconda, terribile morte.
Esya
E così i tre guerrieri attaccarono in perfetta sintonia la lunga frusta e, un pezzo a testa, la recisero. Ora rimaneva la spada infuocata contro cui si stava battendo il re. Esya posò lo sguardo dorato sul sovrano e il cuore le si strinse in una morsa di gelo quando vide una lacrima solcare il volto di quel re tanto
valoroso... poi l'attenzione della guerriera venne attirata da un movimento alle spalle del Signore delle Tenebre, e si stupì di rivedere nuovamente Syrio che con un colpo ben assestato faceva esplodere quel
concentrato di malvagità in un grido che obbligò Esya a lasciar cadere lo spadone per tapparsi le orecchie.
Quando tutto fu finito, la guerriera posò lo sguardo sul re deceduto e una strana sensazione, come di gelo e perdita, la colpì.
La Porta dell'Inferno
Il gruppo dopo una breve dichiarazione d'intenti, fu unanime
nell'intenzione di proseguire fino in fondo l'impervio sentiero.
Golthar trasse un lungo sospiro, attrraversò il fiume e
si portò vicino all'obelisco di ossidiana. Lo guardò attentamente,
scrutandone i più intimi segreti, quindi con un gesto del
suo bastone nodoso pronunziò una parola di comando: "...
S H A V A A N N ..."
Apparentemente non parve accadere nulla, tuttavia dopo qualche secondo il sinistro pulsare dell'obelisco si placò. Golthar, sicuro di sè, camminò allora diritto verso la porta di ossidiana, sempre aperta, e la affrontò scomparendovi dentro.
Ed il gruppo, come un sol uomo, l'avrebbe seguito, in un viaggio che a molti dava l'impressione di essere senza alcun ritorno.
Continua...
|